La Lazio sul tetto d’Europa, il proprio nome iscritto tra le grandi di sempre. Gli anni di gloria della storia biancoceleste coincidono con quelli della presidenza di Sergio Cragnotti, quando il confine tra sogno e realtà non era poi così marcato. Anni conclusi con la sofferenza del rischio fallimento, ma che resteranno inevitabilmente scolpitinella memoria di ogni tifoso biancoceleste. Intervenuto ai microfoni di Radio Ies, proprio l’ex patron biancocelesteè tornato a parlare dei suoi trascorsi a capo della prima squadra della Capitale, soffermandosi soprattutto sulla querelle che riguarda il nuovo impianto sportivo della Lazio: “E’ chiaro che ormai i mercati rionali sono finiti quindi se si vuole avere voce in capitolo nel campo calcistico o economico si deve diventare internazionale. I mercati interni sono saturi, non possiamo diffondere i nostri prodotti in casa. Questo è sia calcio che economia: per crescere davvero bisogna andare in Champions League. Forse il futuro non lo vedrà ma si va verso qualcosa di più globale. Guardate la Roma: con l’apporto americano è diventata una società meno provinciale. L’Inter anche fa questo discorso e questo cresce anche l’interesse del mondo al calcio italiano: la mentalità internazionale la renderebbe meno provinciale”. In riferimento poi al progetto stadio rivela: “Si investe meno in Italia proprio per questo. Poi abbiamo una piramide di regole, controlli e sottomissioni quindi vediamo con meno trasparenza il nostro futuro. Nel calcio inglese c’è piena autonomia: i presidenti sono padroni delle proprie società e non devono sottomettersi a nessuna piramide. Io e Franco Sensi abbiamo lottato anche per lo stadio. A me non fu concesso per problemi sulla localizzazione”. Volgendo lo sguardo alle vicende di via Allegri, il presidente del secondo scudetto biancoceleste evidenzia le differenze sostanziali con il calcio di ieri: “Ai miei tempi non c’era intenzione che gli enti istituzionali fossero occupati da gestori del calcio. In Lega non c’era mai stato un presidente di una società calcistica. Non c’era questo costume o questa mentalità perché non doveva essere qualcosa all’interno del calcio, ma al di sopra: un governo dei tecnici”. Una battuta, infine, sulla Lazio di oggi e sulle ambizioni degli uomini di Pioli per questa stagione: “Quest’anno mi piace e penso possa fare qualcosa di importante. C’è da regolare la difesa, ma ci sono giocatori ottimi. Non mi pare ci siano altre squadre da Champions. Io penso possa lottare tra le prime sei del campionato. Se il mister riesce a gestire la squadra e i giocatori sanno sacrificarsi, si può fare davvero bene”.
fonte:lalaziosiamonoi.it