Ogni ragazzo, ai primi tiri con il pallone – proporio quando si sta compiendo quell’ innamoramento ingenuo e puro – non può che avere un campione a ispirarlo. O semplicemente, un eroe che assurga a modello. Poi, a volte capita anche che quello stesso ragazzo riesca a far evadere il proprio sogno dal cassetto in cui pensava dovesse rimanere recluso, riuscendo nell’impresa che ha sempre agognato: non sognarlo solo, il calcio, ma viverlo. Sono quelli che, al di là degli idoli, hanno un talento genuino da esprimere, sempre agli antipodi di chi invece è solo una pallida imitazione. Filip Djordjevic da ragazzino, colpiva il pallone e pensava a Crespo. Gli “piaceva il suo modo di colpire di testa, il modo di rifinire i passaggi”. L‘argentino, d’altronde, “è stato un grande bomber”, raccontava. Adesso Filip è cresciuto, anni dopo ha scelto la stessa maglia che per due stagioni, all’alba del nuovo millennio, l’attuale tecnico della Primavera parmense ha vestito. E’ con quella maglia, con quei colori, che il serbo ha firmato la tripletta contro il Palermo, il match più bello della sua carriera, ha confessato. Il popolo biancoceleste, intanto, un po’ applaude Filip, un po’ socchiude gli occhi e scruta concentrato, alla ricerca di segnali che denuncino la somiglianza dell’ex Nantes con qualche attaccante che ha inciso il proprio nome nella storia del club capitolino. Somiglianze o no, questo è un bell’attaccante, osservano i più. Così osserva anche Hernàn Crespo, che promuove quel ragazzino che sognavo il calcio sotto la sua stella: “Non lo conoscevo, ho iniziato ad apprezzare le sue doti durante il match col Milan a S.Siro. Djordjevic partì dalla panchina, fece bene anche quella volta, entrò in campo con grinta, impegnò i rossoneri, si fece valere. E la tripletta di Palermo ha confermato le buone impressioni che avevo raccolto inizialmente”. Crespo non sapeva nemmeno di essere stato il suo idolo, cosa che non può che rallegrarlo. Ma a formulare paragoni non ci sta:“E’ giusto che ogni calciatore abbia il suo stile, è giusto che mantenga le proprie caratteristiche. Djordjevic non deve avere fretta, la sua avventura italiana è iniziata bene, deve ascoltare i consigli di Stefano Pioli, è un tecnico molto preparato. In Argentina ogni volta che esplode un talento mancino, non troppo alto, si paragona subito a Maradona, è una prassi consolidata. Questo non fa bene, rischia di essere un freno per i giocatori che vengono messi al centro dei confronti”. E in un ambiente come quello romano, in cui le aspettative crescenti rischiano di trasformarsi in pressioni sempre maggiori, “Filip va lasciato tranquillo – spiega l’ex attaccante ai microfoni del Corriere dello Sport – è bene che senta la fiducia di tutti, il resto verrà da sè. A Roma ci si aspetta tanto, bisogna essere sempre al massimo della forma. Le pressioni sono forti, bisogna imparare ad affrontarle, gestirle e sopportarle”. Perché le qualità ci sono, bisogna solo lasciare al serbo tutta la libertà e la serenità di affermarle: “Ha freddezza, il secondo gol è da grande giocatore. Non era facile liberarsi dalla marcatura, l’ha fatto in modo elegante e ha avuto la lucidità necessaria per indirizzare il pallone nel punto giusto. Djordjevic è un attaccante possente e ha dimostrato di avere anche una buona tecnica, è ancora giovane, di sicuro migliorerà. Deve crederci sempre”. E dopo la tripletta di Djordjevic, non può che rinnovarsi l’entusiasmo. E la considerazione che l’Europa, alla fine, non dev’essere così lontana: “Siamo all’inizio della stagione, il campionato è lungo. La vittoria di Palermo ha ridato slancio alla Lazio, ma sarà il tempo a dire quali saranno i valori di questo campionato. La Lazio è una squadra di qualità, può ambire all’Europa”.