Tra infortuni, assenteismo sul mercato e perché no, anche quella dose massiccia di sfortuna, questa stagione sarebbe davvero da riscrivere. Il buongiorno si vide dal mattino, anzi, dalla BayArena che fu il primo sintomo di una Lazio malata.
Eh sì, da quel 26 agosto i biancocelesti zoppicarono pericolosamente e la testa forse la lasciarono proprio in Germania ed a quella mancata Champions che fu l’inizio della fine. Brutta storia questa da raccontare, ma oltre i pochi momenti d’aria respirata a pieni polmoni, andiamo a vedere quale sono stati i flop più clamorosi, sperando che con il cambio in panchina non si aggiunga qualche altro capitolo.
LEVERKUSEN- Erano passati pochi mesi dalla vittoria epica del San Paolo. All’andata ci fu il salvataggio di misura che però non bastò arrivati in Germania, perché alla BayArena furono i tifosi del Leverkusen a festeggiare per 3 reti ed una Lazio non pervenuta. Le aspirine si conquistarono un posto alla fase a gironi, ma ancora un alibi c’era : “ Non eravamo forse pronti per la Champions, l’Europa League non la snobbiamo”. Le assenze erano state pesanti, Biglia, Marchetti, Klose e Djordjevic, ma una Lazio così nel pallone forse avrebbe dovuto destare preoccupazioni nella dirigenza ancora una volta effimera e troppo frivola.
CHIEVO- Appena quattro giorni dopo il ko tedesco, la Lazio non solo non trovò la forza di rialzarsi, ma precipitò ancora più a fondo: 4-0 contro il Chievo. La squadra di Pioli era durata solo qualche minuto e poi il vuoto, il buio. Il Chievo rise, la Lazio non trovò nemmeno la forza di piangere sull’onda lunga del Leverkusen ed un mercato che non si era preoccupato di colmare le lacune che forse erano state celate dal raggiungimento di un terzo posto considerato un punto d’arrivo e non di partenza.
NAPOLI- Neanche un mese passò da Verona: al San Paolo Higuain, Insigne, Alllan e Gabbiadini banchettarono sul corpo dell’aquila caduta. Delitto perfetto: 5-0, la Lazio umiliata a casa e Sarri sorrise su un match che fu un monologo partenopeo. I campanelli d’allarme erano più che evidenti, la musica era la stessa e lo spartito non cambiava. Il portiere del Napoli Pepe Reina si concesse addirittura il lusso di essere spettatore non pagante davanti ad un avversario troppo brutto per essere vero. Pioli poté recriminare quel poco sulle assenze importanti, ancora Biglia, De Vrij e Candreva, ma la squadra mancava su tutti i fronti: dal gioco al carattere!
SPARTA PRAGA- Con un piede nei quarti per il pareggio fuori casa e l’esaltazione di giocare il ritorno tra le mura amiche dell’Olimpico, la Lazio si avviò verso il crollo e l’epilogo naturale di una stagione. Figuraccia e l’uscita tra i fischi dei pochi tifosi, i capitolini travolti da un insolito destino per 3 reti a 0, due di queste nel primo quarto d’ora, furono asfaltati da un avversario che davvero avrebbe dovuto essere facile. In difesa voragini incolmabili, in attacco qualche tentativo, mille occasioni buttate ed alcune in modo stupido. Questa partita avrebbe dovuto salvare una stagione intera, invece fu quella che scrisse in parte il destino di Pioli.
DERBY- Arriviamo a pochi giorni fa e ancora domenica da incubo: 4- 1 per i giallorossi, Parolo porta a casa il punto della bandiera, così, giusto per non replicare l’ennesimo 0 scritto sul tabellone. Questo derby ha definitivamente segnato il crollo biancoceleste e l’ambiente laziale ha tremato: esonero di Pioli, arrivo di Inzaghi, ritiro a Norcia e tentata aggressione al presidente in un ristorante. Questa è davvero la fotografia perfetta che riassume il momento critico dove tutto è appeso ad un filo, che qualcuno crede spezzato già da tempo.
Si riparte da domenica, Formello lavori in corso ed in una mia ultima ventata di ottimismo quasi forzato, cito una frase: il nemico non s’accorge che chi è ferito poi risorge!