Mio padre mi raccontò più volte di quella sera tanto lontana negli anni, eppure così vicina: – Ero in ufficio quando da un altro interno, poco prima che staccassi cerdo fossero le 20:30, un collega mi disse che era morto Re Cecconi. Subito pensai ad uno scherzo, perchè un romanista queste cose le può anche fare, ma non era uno scherzo e mi si gelò il sangue. Anche ai giallorossi si gelò. Fu una tragedia stupida che sconvolse l’Italia intera e non solo noi laziali-.
Chi come me venne dopo ed è abituato a vederlo solo nei filmati sbiaditi in bianco e nero, sembra lo stesso così vicino ed è l’essenza vera della frase “di padre in figlio” e non è solo la Lazio dei nostri padri, ma sarà anche quella dei nostri figli. Icona immortale che non è ricordata solamente per la tragica fine, ma anche perchè fu uno tra i centrocampisti più forti che la Lazio ha mai visto militare tra le sue fila, Luciano Re Cecconi.
UNA TRAGEDIA ITALIANA- Tutta l’Italia rimase sconvolta e non solo perchè si trattava di un calciatore che passò alla cronaca, ma per quella fine che ancora oggi è fatta di luci ed ombre, stupida, immotivata. Erano gli anni chiamati “di piombo”, il 18 gennaio 1977. Quella sera intorno alle 19.30 si scrisse il destino di Luciano Re Cecconi, in pochi minuti. Lui, Pietro Ghedin ed un loro amico, Giorgio Fraticcioli, entrarono in una gioielleria di Via Nitti. Luciano come tutti sapevano, era solito fare scherzi di continuo e così, almeno come si racconta, decise di farlo anche quella sera. Entrò con il bavero del cappotto che gli copriva il viso, le mani in tasca urlando “Fermi tutti, questa è una rapina!”. Il gioielliere Bruno Tabocchini che appena un anno prima aveva subito una rapina, estrasse la pistola e gli sparò in pieno petto. Re Cecconi si accasciò subito “Era uno scherzo, era solo uno scherzo”, emise in un sussulto, l’ultimo. Ghedin più volte gli disse di alzarsi e che lo scherzo era finito, ma quasi immediatamente vide il sangue. Alle 20:04 all Ospedale San Giacomo, dalla sala operatoria arrivò la triste notizia: Luciano Re Cecconi non ce l’aveva fatta. Morì a soli 28 anni. Lasciò la moglie Cesarina , il figlio Stefano e dopo pochi mesi nacque la seconda figlia Francesca. In poco tempo l’eco risuonò per tutta Roma, i compagni di squadra accorsero insieme al presidente Lenzini, Felice Pulici fu l’unico ad entrare in obitorio. Ghedin solo dopo molte ore passate in stato di shock, riusì a rilasciare la sua deposizione. Bruno tabocchini, il gioielliere, fu arrestato per “eccesso di legittima difesa”, ma dopo soli 18 giorni, verrà processato per direttissima ed assolto.
LE VERITA’ NASCOSTE- Quella tragedia è indimenticabile per tutti, non solo nell’ambiente biancoceleste, ma soptrattutto è indimenticabile per il compagno di squadra Luigi Martini il quale dichiarò che Ghedin gli raccontò tutto e non vi era stata alcuna finta rapina, nessuno scherzo. Re Cecconi era entrato con lo sguardo basso per ultimo, appena aveva visto la pistola aveva estratto le mani dalle tasche e soprattutto non aveva pronunciato nessuna frase. ” Meglio far passare due calciatori per stupidi, che parlare di tragica fatalità. Questo mi disgusta, calpestare la memoria di un uomo che mai avrebbe fatto uno scherzo simile!”
Ghedin anche dal canto suo ha dichiarato: ” Non c’è stato nessuno scherzo! L’ho già detto al processo, perchè ripeterlo? Da quasi 40 anni c’è la rincorsa ad intervistarmi per provocarmi. E’ stata una tragica fatalità, un uomo è morto, poteva capitare a me”.
Sulla morte di re Cecconi negli anni sta emergendo una verità diversa da quella che fu raccontata nel 1977. Il giornalista Maurizio Martucci con il suo libro-inchiesta “Non scherzo. Luciano Re Cecconi 1977. La verità calpestata”, ha ribaltato la versione ufficiale chiarendo che non fu detta nessuna frase, nessun “fermi questa è una rapina”, ma che la tragedia fu scatenata dalla fobia di un gioielliere rimpasto traumatizzato dalla rapina subita meno di un anno prima.
Yes We Lazio si unisce al ricordo commosso di Luciano Re Cecconi, l’ “angelo biondo” scomparso troppo presto in un modo assurdo.