Lontano dagli occhi ma non dal cuore, almeno dal mio, l’assente vero è lui: Felipetto Anderson. Numero 10 come vuole la tradizione per il pezzo più pregiato e del numero 10 ne porta il peso.

 Dura la vita di un numero 10; quando vinci sono tutti là per te e quando perdi, beh la colpa è la tua. Spesso allo stadio ho sentito “svegliati! Ma che stai dormendo”, ovviamente in un modo di parlare più colorito ed in tutta sincerità non ho mai capito il perché.

Spesso si guarda il finalizzatore, quasi mai il “costruttore”, ecco, senza Felipe ci sarà anche tecnica in campo, però manca quel guizzo, quella scintilla del fenomeno che spesso lavora “sotto traccia”.

Inzaghi  gli ha fatto recitare nel copione un ruolo che non lo aggrada in quanto lui preferisce assecondare l’istinto offensivo, ma non è cattiveria quella del mister, ha capito di avere tra le mani un talento come non si vedono spesso; uno capace di giocare non solo nella parte avanzata del campo, ma anche in quella più “conservatrice”.

Il nemico più grande di Pipe è inspiegabilmente il carattere troppo insicuro e dico inspiegabilmente in quanto non ha ragione di esserlo. 

Senza nulla togliere a Luis Alberto, io credo tra i due ci sia una differenza. Ci sono quelli che sono bravi in matematica perché la capiscono e studiano e quelli che ce l’hanno dentro senza bisogno di studiarla, i “geni” o che dir si voglia. 

Io dico solo che anche quando è il peggiore, è il migliore in campo e chi mi vuole capire, capisca. 

Un’arringa la mia? Forse. Ci tengo però a ricordare che anche Keita pur essendo un fenomeno, sapeva giocare solo da offensivo. Felipe invece ha più facce ed altrettante sfumature. 

Chi lo ha chiamato “fuoco di paglia”, lasciatemelo dire, non ha capito, o forse non lo ha capito.

La concorrenza al ruolo è tanta, soprattutto con l’arrivo di Nani, ma Anderson rimane Anderson!

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