Uno dei protagonisti dello storico scudetto della “Banda Maestrelli” che nel 1974 compì un’impresa straordinaria; Felice Pulici tra presente e passato parla di Lazio.
L’estremo difensore di tanti anni fa, ma ancora un mito, ha rilasciato una lunga intervista oggi pubblicata da Il Corriere dello Sport.
La sua carriera, la situazione di oggi, le speranze biancocelesti.
Il suo inizio alla Lazio non è stato semplice…
«Nelle partite di campionato e Coppa Italia era un disastro, gli avversari mi segnavano ad ogni tiro. Poi però è iniziato il campionato e, già dalle prime partite, la squadra prese forma sotto la guida di Maestrelli. Quell’anno perdiamo il campionato all’ultima partita. Vinse la Juventus battendo la Roma e noi perdendo a Napoli».
Maestrelli com’era?
«Una persona straordinaria. Grande tecnico e grande psicologo. In ogni allenamento ci guardava in faccia e capiva i nostri problemi, sportivi e personali. Ricordo un derby del 28 novembre ’76 che vincemmo 1-0. Giocai una partita incredibile. Mi ero convinto che quel giorno Maestrelli, che stava già molto male, fosse presente in tribuna. Lui non c’era allo stadio, ma era con me. E gli dedicai quella gara, la più bella di sempre per me. Da quel giorno ho capito che non ero solo quando giocavo».
Frustalupi, Re Cecconi, Maestrelli: quella squadra subì molti dolori…
«Tutta gente straordinaria… faccio fatica ad immaginare Luciano entrare in un negozio e dire “In alto le mani, questa è una rapina”. Era una persona seria, equilibrata. Quell’incidente ha dato il via alla convinzione che in quel gruppo si usassero le armi con facilità. Descriverci come gente che era fuori di testa, non è stato giusto».
E Chinaglia invece…
«Era un gran giocatore. Un po’ egoista visto il ruolo di centravanti della squadra. Ma era fortissimo. Un leader che ha conquistato diverse genarazioni di tifosi. Con Maestrelli aveva un rapporto incredibile, mangiavano a casa insieme. Domenica il mister lo andava a svegliare e gli diceva: “Giorgino, guarda che è ora di fare colazione, c’è la partita!”».
Come ricorda il giorno dello Scudetto?
«Mia moglie stava a casa dei genitori perchè era incinta. Chiamai prima di andare allo stadio, ma ero preoccupato perchè non rispose nessuno. C’erano 82mila spettatori, tutto esaurito, lo stadio era bellissimo. Vincemmo contro il Foggia 1-0 per calcio di rigore di Chinaglia. Nessuno ebbe il coraggio di guardare il tiro, tranne io. A fine partita ci fu invasione di campo e dovetti fare a pugni per raggiungere gli spogliatoi. Il responsabile dell’impianto mi disse: “Pulici ha chiamato suo suocero, è nato un maschio”. Lì sono crollato. Mentre Chinaglia tirava il rigore, mia moglie metteva al mondo Gabriele, il mio secondo figlio».
Come vede la Lazio di oggi?
«Molto bene. Inzaghi è attento, preciso, legato ai colori e alla città. Quello che è successo domenica purtroppo fa parte del gioco, Var o non Var sono sempre accaduti. Quello che non condivido è quando si parla di malafede o di un’intenzione precisa da parte degli arbitri di penalizzare la squadra. I dirigenti non avrebbero mai dovuto esprimersi in quel modo».