Thomas Strakosha ha lavorato tanto per guadagnarsi la maglia titolare e la fiducia non solo del mister, ma anche dei tifosi. Da ” panchinaro” della Salernitana, a numero uno della Lazio, una parabola ascendente che ha sorpreso tutti.
“Sembra quasi che gli tirano addosso per quanto è bravo”… Così ne parla Grigioni.
Differente da Marchetti che di certo era più “emotivo”, sempre composto, sa dirigere il traffico davanti la sua porta con una freddezza apparente che spesso ha mette ordine nel caos.
Lui alla Lazio deve tanto, ma anche la Lazio a lui. Ogni volta è un miracolo in campo, così fu nel derby in Coppa Italia, nella Supercoppa, allo Stadium parando Dybala che si era accomodato sul dischetto negli ultimi minuti di gara.
Era stato accolto nello scetticismo di chi lo aveva già additato per l’unica colpa di essere connazionale di Tare, come se fosse la nazionalità a fare un buon giocatore, quel buon giocatore che poco dopo il scavalco’ le gerarchie gettando nel dimenticatoio Marchetti e Vargic, rispettivamente primo e secondo portiere.
Thomas può sembrare freddo, ma non lo è.
È un ragazzo posato ed educato che odia il caos, è un ragazzo che più volte ha scritto sui social o detto in qualche intervista “la mia Lazio”.
“Mia”… Lui ne parla sempre così.
Sì è infuriato per gli sgambetti subiti dagli arbitri e nel tempo il suo attaccamento alla maglia è cresciuto.
Sul mercato qualcuno ha chiesto di lui, ma non gli è mai interessato al contrario di chi invece tiene le orecchie ben tese.
È riconoscente a quei tifosi che lo hanno incoronato “titolare e salvatore”, alla società che lo buttò in campo all’improvviso a San Siro preferendolo a Vargic quando Marchetti diede forfait.
Strakosha è un punto che lega la Lazio di oggi a quella che verrà e non si muove da Roma.
E se per lui è la “sua” Lazio, per noi è il “nostro” Tommasino!