118 anni sono passati da quel 9 gennaio 1900 in Piazza della Libertà. Tra i grandi nomi biancocelesti, nessuno può dimenticare il Generale Vaccaro, è grazie a lui infatti che la Lazio non venne fusa con la Roma nel 1927.
Alessandro Paco Vaccaro, nipote del Generale, nella giornata di oggi ha spiegato cosa vuol dire per lui essere laziale. Queste le sue parole sulle colonne de Il Tempo:
«Che significa essere il nipote del Generale Vaccaro? La lazialità sicuramente, ma anche il concetto di rappresentare Roma, perché lui nel tempo è riuscito a sviluppare politiche sportive in ambito calcistico. Nel 1927 evitò la fusione con la Roma, io ad ogni derby alzo gli occhi al cielo e lo ringrazio. In quel periodo arrivarono altre persone con l’idea di fondere più società. Mio nonno disse chiaramente “va bene, basta che si chiami Lazio”. Foschi invece spingeva affinché prendesse il nome Roma. A quel punto il Generale si oppose. Io sono cresciuto con i racconti di mio padre sulla fusione impedita: nonno era un uomo di sport, ma soprattutto amava i tifosi, li considerava linfa vitale».
LA LAZIO
«Come vivo la Lazio? Vado allo stadio, sono stato abbonato per tantissimi anni. Continuo a seguire tutto con grande passione. Ho fatto tantissime trasferte, sono dell’idea che la squadra vada sempre vissuta da vicino. Poi adesso stiamo attraversando un periodo d’oro, grazie ad un allenatore incredibile che sta portando avanti un lavoro straordinario»
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118 anni sono passati da quel 9 gennaio 1900 in Piazza della Libertà. Tra i grandi nomi biancocelesti, nessuno può dimenticare il Generale Vaccaro, è grazie a lui infatti che la Lazio non venne fusa con la Roma nel 1927.
Alessandro Paco Vaccaro, nipote del Generale, nella giornata di oggi ha spiegato cosa vuol dire per lui essere laziale. Queste le sue parole sulle colonne de Il Tempo:
«Che significa essere il nipote del Generale Vaccaro? La lazialità sicuramente, ma anche il concetto di rappresentare Roma, perché lui nel tempo è riuscito a sviluppare politiche sportive in ambito calcistico. Nel 1927 evitò la fusione con la Roma, io ad ogni derby alzo gli occhi al cielo e lo ringrazio. In quel periodo arrivarono altre persone con l’idea di fondere più società. Mio nonno disse chiaramente “va bene, basta che si chiami Lazio”. Foschi invece spingeva affinché prendesse il nome Roma. A quel punto il Generale si oppose. Io sono cresciuto con i racconti di mio padre sulla fusione impedita: nonno era un uomo di sport, ma soprattutto amava i tifosi, li considerava linfa vitale».
LA LAZIO
«Come vivo la Lazio? Vado allo stadio, sono stato abbonato per tantissimi anni. Continuo a seguire tutto con grande passione. Ho fatto tantissime trasferte, sono dell’idea che la squadra vada sempre vissuta da vicino. Poi adesso stiamo attraversando un periodo d’oro, grazie ad un allenatore incredibile che sta portando avanti un lavoro straordinario».
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