I giudici della Cassazione, come si legge sulle pagine de Il Tempo, hanno respinto il ricorso presentato dal gip Ezio Damizia.

 «Il ricorso è inammissibile perché tardivo», ed ecco che la “canzoncina” intonata con le parole giallorosso ebreo non è più un reato.

Gli inquirenti avevano accusato due tifosi per istigazione all’odio razziale , ma il 15 dicembre 2016, il gip del tribunale di Roma «dichiarava non luogo a procedere per insussistenza del fatto»

«L’espressione giallorosso ebreo ha la finalità di deridere la squadra avversaria ed è ricollegabile allo storico antagonismo, le parole rimangono confinabili nell’ambito di una rivalità di tipo sportivo».

LA CASSAZIONE

Facciamo un passo indietro nel tempo e torniamo al 30 marzo del 2013.

Durante Lazio- Catania, dagli spalti era stato intonato un coro, quello che termina con “Roma va a c**a”, che, poco dopo era stato tacciato come “razzismo” dagli inquirenti. 

A questo punto il lavoro era stato quello delle telecamere che avevano ripreso non solo il ” canto sotto accusa”, ma anche chi lo aveva iniziato. Da qui la denuncia a carico dei due tifosi. 

Sono proprio questi i fatti a fare la giurisprudenza costituendone un precedente.

Dopo ben 5 anni è arrivata la sentenza ed ha parlato chiaro.

La Cassazione chiude così la vicenda: «Aldilà della scurrilità  esprime mera derisione sportiva».

«Il ricorso è inammissibile perché tardivo».

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