Una tragedia che ha sconvolto il mondo del calcio, inginocchiato Firenze e non solo, ma ha sconvolto tutta Italia che per un momento si è fermata nell’incredulità.

 La Serie A si è fermata, i club stessi per primi hanno chiesto di non giocare a seguito della traumatizzante scomparsa di Davide Astori, trovato senza vita in una camera d’albergo.

Purtroppo il rispetto, l’empatia e la sensibilità, non è materiale comprensibile a tutti e vi è anche quella inopportuna voce fuori dal coro, perché spesso per far notizia si è pronti davvero a tutto.

Giuseppe Cruciani ha firmato un articolo su Libero che non solo ha fatto discutere, ma anche rimanere indignati.

Questo un estratto di quanto affermato da Cruciani sulla tragedia di Astori: 

“A costo di passare per inguaribili cinici senza cuore, qui si sostiene che (con la necessaria eccezione di Udinese-Fiorentina, ovviamente) la giornata pallonara di ieri si poteva, anzi si doveva giocare. E lo sostengo soprattutto per un solo, ma fondamentale motivo. Non c’è modo migliore per onorare la vita (e la morte) di un ragazzo, un professionista di 31 anni, e sottolineo un professionista, che non smettere di fare quello che a lui piaceva di più, cioè giocare al calcio. Magari con le lacrime agli occhi, o con la rabbia addosso, con le preghiere e lo sconforto dei suoi amici e colleghi, con tutti i minuti di silenzio che vogliamo, ma giocare (anzi, lavorare). Invece, da parte dei vertici del calcio, ha vinto il solito tic: se non facciamo qualcosa poi ci accusano di non aver fatto niente, di non aver dato un segnale del lutto.

Non c’è nemmeno bisogno di dirlo ma lo diciamo lo stesso: se muore un lavoratore ‘normale’, un operaio, non è che si ferma tutta l’industria italiana; se viene a mancare per infarto un cuoco, non risulta si blocchino all’improvviso tutti i ristoranti della penisola; e ancora, volendo continuare, se crepa un giornalista ancorché famoso, non si bloccano le rotative e l’informazione non si ammutolisce all’improvviso. Quello che è accaduto ad Astori è, purtroppo, una drammatica fatalità, una delle cose tremende che possono accadere nel corso di una esistenza. Ma è ferocemente simile al destino infausto di migliaia di altre persone, in tutti i campi lavorativi. Nulla di più, nulla di meno. Muoiono per un cuore maledetto manager, capi di aziende, semplici manovali, autisti e uomini di fatica, detto alla Totò.

Tornando a Milano ieri in treno ho incontrato diverse persone che avevano speso qualche centinaia di euro per vedere il derby di San Siro fra treni, biglietti, alberghi e altre necessità. Erano commossi, colpiti, scossi dalla scomparsa di Astori e pronti a onorarlo in tutti i modi. Ma erano pure incazzati neri perché a loro i soldi non li restituisce nessuno, li hanno persi e basta. E a questi chi ci pensa?”.

Retorica del ” se muore un lavoratore normale” o un cuoco non si blocca tutto.. per finire poi al “rimborso per il derby”!

Su questo possiamo concordare, a metà, perché il calcio per fortuna, è un mondo che va avanti da solo, non è indispensabile alla nostra vita, al nostro fabbisogno. Se è la Serie A a fermarsi, nulla va in blocco.

La notizia di un calciatore che muore all’improvviso fa notizia, l’eco si diffonde in fretta, al contrario di un operaio.

Nessuno dice che sia giusto, nessuno dice che esistono morti di serie a e di serie b, diciamo solamente che una persona sotto i riflettori, passa alle cronache, il pubblico la conosce, ne conosce nome e cognome e quando viene a mancare , inevitabilmente crea un vuoto.

Tutti vorremmo sovvertire a volte l’intero sistema di cose, ma non sarebbe possibile per tutti conoscere tutti, o essere tutti famosi.

C’è chi sa recitare, cantare, ballare, calciare un pallone e tanto altro, meglio di milioni di persone, per questo diventa noto.

Per la retorica stantia ed al quanto inconsistente, ricordiamo che anche Cruciani per sparare queste cose si serve della macchina dei media e lo ha fatto anche per farsi conoscere. 

Resta solo una cosa da dire: vergogna!

 

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