Campione e signore, un binomio che si vede, purtroppo, sempre meno nel mondo del calcio ove impazzano tatuaggi, pettinature assurde, sbronze colossali e social onnipresenti. Appartiene ad un calcio più “antico”, autentico e nostalgico Miro Klose, uno degli ultimi campioni “vecchia maniera”.
Mai una parola fuori posto, mai la voce alzata contro arbitri o avversari, solo lavoro, lavoro, ancora lavoro per un bomber che pur avendo vinto tutto, sgomitava come un esordiente.
“Mito” Klose si è guadagnato la stima mondiale non solo per il talento, ma per la “classe” e l’esemplare vita da atleta priva di eccessivo.
Questo il bomber di Opale: osannato in madre patria Germania, Campione del Mondo, amato dai laziali e addirittura dai tifosi giallorossi.
Testimone vivente di un calcio che oramai, ahinoi, non esiste più.
Anche in Francia hanno voluto osannare il Panzer di Opale riportando alcune sue dichiarazioni, specchio dello sportivo e del signore che è sempre stato:
«Ho detto basta con il vero calcio perchè non mi riconoscevo più. Oggi i giovani pensano a qualcos’altro, quando ero bambino pensavo di allenarmi per diventare qualcuno nel mondo dello sport che avevo sempre amato. Nella Lazio e in Nazionale dopo ogni allenamento mi immergevo in una vasca piena di ghiaccio per recuperare, i giovani si rifiutavano sistematicamente. Quando andavo a raccogliere la sacca dei palloni mi dicevano: “Ma chi ti costringe a farlo? Sono stanco morto”. In quel momento pensavo: “Hai 20 anni e non puoi aiutare un magazziniere di 60?, a loro interessava più sapere se i calzini fossero abbinati alle scarpe. Ho visto tutto questo e ho deciso di dire basta, il calcio in cui sono cresciuto non c’è più. Oggi pensano alle macchine, al nome sulle scarpe e dopo tutto questo arriva la partita. Ora conta prima l’immagine ed è per questo che ho detto basta perchè per me l’unica cosa che contava era il calcio nella sua forma più pura».
Non ci resta che fare Cahapeaux e ripetere all’infinito:”Danke Miro”