Siamo una tifoseria calorosa, complicata, a tratti incasinata, irascibile, che si arrabbia spesso e volentieri. Questione di Lazio? Solo in parte. In questo periodo, che a noi è sembrato lunghissimo, sono scese in campo le Nazionali. Crediateci o no, anche gli Azzurri ci hanno dato motivo di storcere il naso.

Ci frega qualcosa dell’Italia?
Domanda con risposte molteplici: sì, no, forse, ad intermittenza.
Diciamo che viviamo in un periodo storico dove le bandiere sui terrazzi sono a mezz’asta o completamente assenti e non è facile farsi trasportare dal momento.

Lo sappiamo bene noi italiani che, almeno in parte, abbiamo seguito il Mondiale solamente perché avevamo fatto la giocatina. La mia miseramente persa, avevo puntato sull’Argentina del “Re Leo”.

I nostri sentimenti contrastanti si riassumono tutti nella nuova Nazionale di Roberto Mancini, chiamato a risollevare le sorti di una squadra che pareva rappresentare non solo l’Italia calcistica, ma sembrava una fotografia dell’intero Paese.

E così il nuovo ct ha ereditato una panchina bollente e scomoda.
“Ma sì, via alla sperimentazione” e via ai caroselli di polemiche gentilmente piovute dal cielo.

Il tifoso si sa, è ambivalente per natura, critico più che mai, ma sulla questione calda che va di moda da domenica e cioè il “Ciro in panca”, i supporters si sono scissi in due diverse cordate.
Da una parte quelli che facevano i rituali anti-sfiga nella speranza che nessun giocatore laziale venisse convocato, dall’altra  quelli che avrebbero voluto vedere brillare uno dei nostri.

Così era, ma grattando via la superficie è sbucata fuori una unica grossa fazione: gli indignati.
Anche qui però, vi è stata l’ennesima scissione tra chi vorrebbe la testa di Mancini su un vassoio e chi, seppur arrabbiato, crede che riserverà un ruolo da protagonista assoluto ad Immobile nel prossimo futuro.
“Devono giocare tutti”!

Dal canto suo il ct, in merito alla partita giocata contro la Polonia senza attaccante per una buona parte del match, ha voluto allontanare quell’ombra di “crisi da centravanti” che qualcuno aveva ipotizzato:

“Non esiste un problema centravanti, ci sono momenti in cui non vinci e non sai nemmeno il motivo, poi di colpo questa cosa cambia. Adesso la speranza è che i ragazzi possano arrivare alla sfida con il Portogallo con una buona condizione fisica”.

Popolo di Santi, poeti e navigatori, “umanità a colori” scrisse Renato Zero in una canzone, ma è anche un popolo contrastante, focoso ed irrazionale.

E lo si evince dal web, dai social, dai neo invasi dallo spirito patriottico, dagli scontenti, dai vittoriosi e da quelli che in fondo non smettono di ricordare “andiamo a Berlino”.

“Lasciatemi cantare con la chitarra in mano, sono un italiano, un italiano vero”.

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