Un passetto indietro; Felipe Anderson saluta e diventa londinese. Pausa drammatica e lacrimuccia. Al suo posto viene annunciato in grande spolvero, l’arrivo del suo sostituto Joaquin Correa.

Ma i due sono così simili?
La tecnica è di casa per entrambi, non sono proprio “goleador”, però il dribbling ce l’hanno in tasca.

Felipe Anderson è un’ala più pura nel senso stretto del termine,  mentre El Tucu, più “posato”, ha facilità a scorrazzare accentrandosi e la sua caratteristica lo trasforma nel perfetto vice di Luis Alberto.

La fascia! La fasciaaaaa! La zona destra del campo rimane deserta, questo perché Correa è più “centrale” rispetto a Pipe faceva chilometri avanti e indietro.

In comune l’odioso difetto che tanti importarono al talento brasiliano: la continuità. Una linea tratteggiata e mai continua.

Torniamo però ad oggi. La Lazio è crollata sotto il peso dell’Inter e sotto processo sono finiti proprio tutti; giocatori, società, allenatore.

Inzaghi aveva scelto la coppia d’attacco Immobile/Caicedo, ma il duo è stato un doppio flop.
Nel disastro totale, l’ingresso di Correa oramai a partita in corso e compromessa, uno “spaccapartite” chiamato in causa troppo tardi, quando era la partita ad averci spaccato.

Perché non prima?
Una casualità?
No. Basterebbe ricordare il Tardini ed il doppio cambio “usato” nel secondo tempo  inoltrato, fermo sullo 0-0.
Anche in quel caso “Pikachu scelgo te” e Simone aveva lanciato in campo la sfera Pokémon, quella giusta, quella che sulla maglia porta il nome di Joaquin Correa.

È stato il migliore in campo nello sfacelo contro Spalletti’s gang?
Sì e lo dico io, ma le pagelle dei principali quotidiani mi danno manforte.

Nel buio un lampo di Correa.

Torniamo ancora un attimino indietro.
In principio nella Lazio convivevano Balde Keita e Felipe Anderson, poi rimase solo Anderson, poi andò via Anderson.
Simone Inzaghi aveva utilizzato questi due giocatori, il senegalese da doppia cifra ed il brasiliano “magico”, vestendoli del ruolo di “spaccapartite” e fu il motivo principale che portò alla rottura con il club.
“Ma che ce chiami quando ti facciamo comodo?”
Sì, forse nel calcio è così, ma per i calciatori il mondo gira in un mondo fuori dal mondo e quel “primo minuto” conta assai troppo.
Entrambi avevano infatti lamentato il poco spazio.

Laddove Pipe cadde, Alberto si innalzò, ma ora che Alberto è caduto, perché Correa e cioè il suo vice perfetto, non trova tempo?

Caicedo ha scavalcato le gerarchie e duetta con Immobile, El Tucu aspetta il suo momento in panca.
“Spaccapartite”, un ruolo che avvelenò anche Anderson.

Joaquin e Felipe, stessa sorte?

I laziali chiedono di vedere di più il nuovo arrivato, secondo acquisto più costoso dell’era Lotito, giovane e con tanta voglia di fare.

Pur rispettando le decisioni di Simone Inzaghi, tante volte la “guest star” dovrebbe essere “protagonista”.

 

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