Solita Lazio, nulla di nuovo a dispetto dell’anno appena iniziato, solita Lazio, non siamo roba da “big”. Che ruzzolone giù dal quarto posto! Tutto in 24 ore e non finisce qui…. adesso sotto a chi tocca. A chi tocca? Alla Juventus!
Claudio Lotito non hai una Ferrari, hai Wallace/Bastos. Tempo per andare al mercato scarseggia!
Chiariamoci, la squadra non è nemmeno una Nissan Micra vecchio modello, è un auto sportiva che però non può permettersi di gareggiare in velocità contro le vere Ferrari o giù di lì.
Inutile negare la realtà, carta canta: 1 punto su 18 in 6 “big match”.
E miracolo che il Milan era ridotto all’osso, altrimenti adesso ci sarebbe schiaffato un triste 0 sul segnapunti.
Tutto potrebbe essere tollerabile per una squadra la cui unica ambizione è centrare un sesto posto, sarebbe tollerabile se dal 20 maggio 2018 non fosse stato sbandierato ai quattro venti che questa sarebbe stata la stagione della svolta.
È stata fatta una campagna mediatica atta a raccontare quanto l’Inter avesse segnato ed insegnato, ci sarebbe dovuto essere un mercato di alti livelli e non Durmisi/Proto/Sprocati.
Una messa a fuoco che non avrebbe scontentato Berisha/Badelj, “nessuno è intoccabile”,
Perché se al mister non servono poi troppo, alla fine rimangono ingaggi sprecati, ingaggi sul groppone, un alibi facilmente spendibile per giustificare il solito assenteismo nella finestra invernale/estiva/mezza stagione.
I fatti sono stati fatti a parole.
Lo scorso anno l’Europa VIP fu ad un passo, viene allora da chiedersi se non sia stata solo una questione di c**o.
Un’isola felice che però non esiste, poiché l’impresa fu sfiorata e non toccata.
Una squadra che ha visto partire De Vrij favorendo l’arrivo di Acerbi, visto Anderson salpare per Londra e dato il benvenuto a Joaquin Correa.
Fin qui tutto sembra facile, eppure qualcosa non gira e si porta a casa il pareggiotto con il Chievo.
Ci sono stati due grandi addii, ma non possiamo guardare la porta che si è chiusa perché a questo è stato posto rimedio.
Almeno in parte.
La cessione di Felipe Anderson, ha creato infatti una fascia “vuota”, ma è un ritornello cantato a più strofe per mesi.
Cosa manca in realtà?
La testa, il gioco, le palle.
Tutto perso tra Salisburgo e Crotone, dimenticato al gol di Vecino.
Segnali preoccupanti erano arrivati, ma noi stavamo in finestra aspettando finalmente il “salto di qualità”, tre parole di cui si è riempita la bocca l’intera dirigenza mentre annunciava il solito “Mister X” di turno.
E noi ci credevamo ancora, perché sembra sempre che quel passo in avanti sia dietro l’angolo, ma non arriva mai.
La gang di Inzaghi è bloccata nel limbo: discreti primi minuti, magari ci scappa anche il gollazzo per il fantacalcio e poi la morte sociale.
Pochi minuti, son sempre pochi minuti a chiudere la partita, l’Eintracht ha insegnato, anzi, ha ripetuto la lezione che ci fece piangere a Salisburgo.
Adesso è facile prendersela con gli arbitri, ma non dimentichiamo che il Napoli era in campo senza quattro titolari, in un modulo che poco rispecchiava i presenti, eppure, lo dico in pieno della mia onestà a costo di risultare antipatica, ha meritato la vittoria.
Perché se i piedi buoni scarseggiano, alla fine rimane il carattere e l’atteggiamento. Le partite non le vincono solo i campioni, ma anche i lavoratori.
Lotito c’è una Ferrari è ingolfata sul raccordo, stai a vedere che è la Lazio?!