Inizio a scrivere dopo aver letto girando sul web, la richiesta dei tifosi laziali che invocano la dirigenza a farsi sentire, nella fattispecie Claudio Lotito. Non mi piace il vittimismo e non mi appartiene, né come supporters, né come persona.
Poi rifletto un secondo, mi blocco e prendo fiato per scindere le cose che, a prima vista, sembrano uguali pur essendo distanti anni luce tra loro.
Eh sì, perché spesso la protesta può essere confusa con il “piagnisteo”.
Allora ci tengo a precisare che la partita contro il Napoli è stata persa per demerito in primis, merito dei partenopei in secundis.
Eppure qualcosa ancora qui non VAR.
È un anno che ci sentiamo derubati, derubati non il 20 maggio, ma di quei piccoli punticini persi qui e lì per “orrori arbitrali” che avrebbero potuto addirittura permetterci l’accesso in Champions League.
Non sarà accaduto al San Paolo il fattaccio eclatante, al San Paolo si è solo superata la soglia della sopportazione con un cartellino rosso “relativo”.
Un cartellino che porta con sè la tristezza di aver negato a Francesco Acerbi di toccare il suo record. Ecco, questo mi addolora e non sbraitare per una ipotetica vittoria che forse, anzi quasi certamente, non sarebbe nemmeno arrivata.
Non mi aggrappo alla teoria assurda “complottista” su un’espulsione per chissà quale fantomatico “aiutino” dato alla Juventus. Non scherziamo, una squadra che tratta come panchinaro un certo Douglas Costa, non ne ha bisogno.
Chiudo la parentesi San Paolo dicendo che, Napoli- Lazio, non può essere ridotta al cartellino rosso nei confronti di Acerbi.
Un fallo che nemmeno c’era nel senso stretto del termine, una gentile punizione concessa alla squadra di Ancelotti, non è questo, ma a Formello sta serpeggiando un malcontento legato alla continua “distrazione” degli arbitri nei riguardi della Lazio. Un malcontento che serpeggia da un anno, ma nessuno lo ascolta.
Lo hanno sbandierato gli stessi calciatori tra post partita vari e social, il malessere generale non è insito solamente in noi tifosi, ma anche in coloro che stanno in campo e lo subiscono in faccia.
In tutto ciò la dirigenza?
Silenzio.
Rimane solo un messaggio di poche parole inviato da Tare e raccontato dal responsabile della comunicazione e nient’altro.
Messaggio che è arrivato dopo la sfida con il Torino.
Qualcuno mormora di un’ insurrezione di Claudione Lotito verso Irrati, sempre durante la partita contro i granata ma, se pensavate che finalmente il mutismo era cessato….non vi esaltate troppo, è stato poi lo stesso patron capitolino a smentire la notizia.
Chi rimane alla fine della fiera?
Inzaghi, il mister a forza di lamentele è considerato non più di un “piagnone” che perde e cerca un alibi.
A metterci la faccia però, non dovrebbe essere nessun altro all’infuori di Lotito, la piazza biancoceleste borbotta e lo chiama a gran voce.
Il presidente non ha risposto.
Fosse almeno impegnato a fare mercato, ma no, neanche questo.
Non voglio accendere la diatriba infinita tra le due parrocchie “pro Lotito” ed “anti Lotito”, parlo solamente di “necessità”, del bisogno che si affacci alla finestra il numero 1 della Lazio.
E che forse serva proprio questo, sbraitare contro il VAR, gli arbitri e quant’altro, per accumulare punti “simpatia” che potrebbero riportare in punta di piedi la gente allo stadio, perchè, perchè “il presidente c’è”.
Le frasette e le frecciatine buttate qui, lì, nell’etere, se non hanno poi un seguito rimangono solamente parole sterili, parole che ascoltiamo da anni.
Il presidente deve essere al fianco dei propri tifosi, perché volenti o dolenti, noi siamo la sua gente e lo è anche chi lo contesta .
Lui è l’uomo che ha il dovere morale di sobbarcarsi l’immagine nostra e della Lazio, l’eredità centenaria.
Dove sta il presidente? Noi ci sentiamo lasciati soli a noi stessi.
Tu quoque Claudio!