È la dura legge del goal: tu fai legna in campo e gli altri segnano tra gli applausi. È il destino dei “grandi lavoratori”, quelli che trottano macinando chilometri, ma non fanno rovesciate o non fanno 40 reti a campionato.
Sono sempre i campioni a guadagnare il blasone, il nome potente sulla maglia, superiori in tutto in un mondo spietato che elogia solamente il tabellino marcatori.
Poi esiste una cordata piena di gente che esula dal classico “Number One”, una cordata romantica , quella degli ultimi “eroi”. Fanno legna, si adoperano per tutti senza chiedere nulla, senza pretendere, uno tra questi è sicuramente Marco Parolo.
Quando il piede raffinato finisce, entra in campo il carattere e, anche i grandi campioni, se la devono vedere coi “lavoratori”. Marcolino non è uno particolarmente carismatico, se ti dimentichi che c’è allora significa che se la sta scoattando bene bene. Assurdo, ma è proprio così.
E se da una parte c’è il fenomeno, o la tecnica, o le grandi giocate, dall’altra parte c’è l’anima di chi non si è mai risparmiato anche quando il mare era in tempesta. Rischia, va alla deriva, si schianta. Perché nel calcio devi investire sempre, devi tenere alta la testa soprattutto se le cose si mettono male.
Quando il campione si eclissa, arriva il “lavoratore” a metterci una pezza, o almeno ci prova. Non è colpa sua se non ha il piede raffinato alla Milinkovic , la tecnica alla Anderson, l’unica colpa di Marco Parolo sarebbe non metterci tutto sé stesso, colpa dalla quale è totalmente scagionato. Lui c’è sempre.
Di mestiere fa l’uomo di fatica, di mestiere non fa il campione, ma se c’è qualcosa che sa fare meglio della stirpe blasonata è combattere fino all’ultimo pallone. La sua è sempre la maglia più zuppa di sudore, anche quando la temperatura è bassa ed è lui a metterci la faccia nei post partita nefasti.
Nessuno sembra mai riconoscergli meriti, non è mai il “TOP” assoluto, eppure di meriti ne ha eccome. Perchè a differenza di molti altri che son passati, lui ha abbracciato la causa in pieno, la Lazio è diventata davvero la sua casa, il biancazzurro la sua seconda pelle.
“Una vita da mediano, a recuperar palloni, nato senza i piedi buoni,lavorare sui polmoni, una vita da mediano, con dei compiti precisi, a coprire certe zone, a giocare generosi”
La canzone di Luciano Ligabue è ciò che racchiude l’essenza di questo calciatore e di quelli come lui: gli ultimi puri in un calcio da marketing.
Non conta solamente chiamarsi Ronaldo, Messi, Neymar…. Perché laddove c’è un Ronaldo, un Messi ed un Neymar, c’è anche un Marco Parolo che fa il lavoro sporco nell’ombra.
34 anni di legnate in campo: buon compleanno Marcoli’!