La mia non vuol essere una chissà quale notizia perché semplicemente non lo è. Non lo è con tanto di smentita, non è un voler continuare a montare castelli sul nulla, ma dopo tutto questo vociare su Balde Keita ed un possibile ritorno, mi domando se sia stato tutto una leggenda metropolitana. Poi ripeto: NON SUCCEDE!
Nell’era dei social però, queste “news” sono davvero effimere e si raccontano in un post distratto, in un like di cortesia. Tra tutta l’attenzione mediatica, il riavvicinamento del senegalese era solo suggestione? Sì, la risposta è arrivata poco dopo.
Chissà poi perché, io continuo a parlare ancora di te…e se tu fossi buono…Caro Balde ti scrivo, così mi distraggo un po’.
Vorrei parlare lo stesso di quello sbarbatello talentuoso che abbiamo visto crescere con la maglia biancoceleste, grande piede e poca testa. La poca testa di chi si fa affascinare dai soldi, dai locali, dalla bella vita ed il calcio ne racconta milioni di queste storie. Un carattere difficile, o forse solamente pilotato dalle ambizioni di un procuratore da incubo dedito al Dio denaro. Perché alla fine, il vero tallone d’Achille di Keitinha, era solo uno: l’emotività. Quella nella forma più esasperata, più pura, emotività di un ragazzino che, come facciamo tutti, correva a stendere i panni sporchi sui social piuttosto che tenerli nella bolla laziale.
Balde è un mercenario? Ancora prima di questo, bisognerebbe rispondere alla domanda che sta a monte: i calciatori sono solo mercenari a caccia dell’ingaggio più alto?
Dobbiamo pensare ai giocatori forti, non solo all’affetto che ci lega a loro, non solo guardare da dove essi provengano, quale maglia hanno vestito, arrivano in un club come non avessero passato alcuno. Il lato sentimentale lo lasciamo ad altri contesti lontani dal campo.
Della serie: mi andrei a bere una birra con lui? Sinceramente con Balde no, con Badelj sì. Perché son simpatie personali, nulla hanno a che fare col pallone.
Keita non mi è poi troppo simpatico, ma chi se ne frega!
Guardate Ibrahimovic che non ha amato nessuna squadra in cui ha giocato, però le ha rese tutte felici. Non è ricordato come uno di cuore, è ricordato come colui che ti faceva vincere e forse faceva anche un po’ paura.
Quindi, con i dovuti paragoni lasciando a riposo le leggende come Zlatan, nonostante si tratti di “Fantamercato” puro e semplice, io Keita me lo sarei ripreso anche domani.
Perché i giocatori forti sono sempre ben accetti. Se ti fanno fare punti, non deve importarci di altro.
Non ci credevo, ma se fosse successo, sarei stata la prima ad esserne felice.
Navighiamo in una rete fatta di “esclusive” che sono esclusivamente frutto della voglia di un like in più, di notizie che raccontavano un fantomatico accordo tra Inzaghi e Keita. Io me ne sono sempre tenuta alla larga e non per chissà quale etica, ma perché sono come San Tommaso, se non è ufficiale allora non è vero!
Poi c’è il filo sottile, quanto spietato, della speranza legato a quel “ma se lo dicono tutti, può darsi ci sia qualcosa di reale”. No, non lo è.
Dopo un addio turbolento dovuto ad un procuratore da incubo, peso sul piatto anche il disinteresse da parte della società, di Lotito salito sul carro Mendes cercando la plusvalenza.
La verità sta sempre nel mezzo, non assolvo Balde da tutti i capricci da primadonna, dai ritardi, dalla sparizione prima del ritiro, o dai post al vetriolo che fecero rispondere addirittura Peruzzi. Perché Angelone, si sa, è un tipo discreto, ma se lo spingi al “pubblico”, allora hai fatto davvero un gran casino.
Sì: Keita non ha rispettato la Lazio, arrivò comunque in doppia cifra matando la Roma in un derby. E se fosse maturato non solo nella stazza fisica, ma avesse davvero capito che se fai lo str***o la gente ti caccia via, Barcellona/Lazio/Monaco/Inter, allora avremmo goduto di un giocatore devastante in rosa.
Nessuno per lui fa più la fila, il carattere lo paghi, le voci si diffondono, la gente chiude le porte. Sarebbe stato il momento migliore per fare un’offerta. Sarebbe e non lo è stato.
Mio padre dice sempre che un cavallo de ritorno non fa mai una bella fine, ma se quello di ritorno fosse stato Keita e non Kishna, forse il proverbio avrebbe subito qualche lieve modifica.