Ricorderemo forse non le date, ma gli uomini che hanno fatto grandi imprese.

“Non è solo la mia firma che conta, ci sono tutti gli altri. La firma è di tutta la squadra, siamo una famiglia e si vede sul campo. Speriamo di rimanere su questa strada. Noi abbiamo avuto più occasioni, nello spogliatoio ci siamo detti che questa doveva essere la nostra partita. Siamo rientrati con questo spirito”.

Milinkovic voleva assolutamente la Lazio, tanto da sbottare in lacrime poco prima di apporre la sua firma sul contratto che lo avrebbe legato alla Fiorentina.
Kezmam fu costretto a chiamare Tare, perché il ragazzone serbo desiderava sopra ogni cosa vestire la maglia del suo idolo Sinisa Mihajlović.
Questa è una storia che amo raccontare ancora, ancora… Ancora… Non mi stanca mai.

Un predestinato, Sergej sentiva che la Lazio sarebbe stata la sua casa.
Non era solo questione di “volere o non volere la Fiorentina”, era il destino che tesseva la sua trama nell’ombra.

Esistono gli alieni? Non so rispondere, o meglio, ne ho visti parecchi qui e lì sparsi per il mondo, chi porta la maglia del Barcellona, chi della Juventus, chi della Lazio….

Ma da dove vengono? Da un Olimpo tutto loro dove stringono un patto segreto col talento che solo a pochi giocatori è concesso, i figli più bravi del calcio.

Perché non è solo il tabellino dei marcatori, un numero alto o basso vicino al nome, la misurazione del talento.
Se ci attacchiamo ai numeri per le valutazioni, allora non meritiamo di vederlo il talento.

Domenica sera Milinkovic si è presentato ad un appuntamento nonostante qualcuno, dallo scorso anno a questa parte, ha provato maldestramente a metterlo nell’ombra.
Ogni volta che il suo scarpino toccava il pallone era un canto all’eleganza,  alla bellezza, alla tecnica assoluta.

Cento milioni aveva fissato il suo prezzo Claudio Lotito e tutti a guardarlo come fosse un pazzo, un visionario.
So’ 3 anni che vado urlando che 100 so’ spicci per il Milinkocratico Sergente di ferro.
Ecco l’uomo mercato che sognano tutti dalla Spagna all’Ighilterra, che aveva un unico neo, quello di non aver mai giocato la Champions League.

In estate allora, al cospetto delle Tre Cime di Lavaredo, Milinkovic decise di portare la Lazio  in Champions, di costruirsi la sua “Stairway to Heaven”.
Ha iniziato molto prima del gol-vittoria contro l’Inter, ma in uno scontro scudetto è l’immagine perfetta di un alieno sbarcato a Formello.

“Lo scudetto non è per noi un obbligo, ma lo è la Champions. Pensiamo partita per partita, poi vediamo dove saremo. Messaggio alla Juventus? Devono sapere che siamo lì e non molliamo. Proveremo a vincere…”.

Esistono gli alieni? Io ne ho visto uno in maglia biancoceleste col numero 21 sulle spalle!

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