Parlerei sempre di Wayne Rooney, per me l’attaccante più forte degli anni Zero, stavolta però, ho una buonissima ragione per dedicare a lui una chiacchierata.
Siamo rimasti tutti basiti dalla filosofia adottata dalla Gran Bretagna in materia di coronavirus, il “contagio a gregge” .
Lasciamo poi perdere il discorso del primo ministro Boris Johnson.
Torniamo però al GIOCATORE per eccellenza, facente parte, come tutti i più grandi, dell’assioma genio/sregolatezza.
“Ti confido una cosa Alice; i migliori sono pazzi”.
Il nostro caro Wayne Rooney, ad ora militante nelle fila del Derby County, nel suo primo articolo per il The Times, non si è risparmiato criticando apertamente e senza peli sulla lingua, l’intero sistema britannico.
La Premier League e la Championship hanno sospeso tutte le partite, rispettivamente, fino al 4 e al 3 aprile per l’emergenza coronavirus.
La decisione però è giunta assai in ritardo ed è stata presa solamente durante la riunione di venerdì convocata con urgenza dopo la notizia della positività al COVID-19 dell’allenatore dell’Arsenal Arteta e del centrocampista del Chelsea Callum Hudson-Odoi.
Rooney non l’ha presa benissimo, anzi, non l’ha presa nemmeno bene e, con tono duro, ha parlato di ciò che è successo negli ultimi giorni nel calcio inglese raccontando le sue sensazioni e dei suoi compagni di squadra.
L’ex attaccante della Nazionale British, ha accusato gli organi competenti di aver trattato i giocatori come “cavie”, continuando a farli scendere in campo non curanti della facilità con cui il coronavirus si propaga.
“Per i giocatori, per gli staff e per le loro famiglie è stata una settimana preoccupante: abbiamo avvertito una mancanza di leadership nel governo, nella FA e nella Premier League. Dopo l’incontro di emergenza è stata finalmente presa la decisione giusta di bloccare i campionati: fino ad allora sembrava quasi che i calciatori fossero trattati come cavie. Gli altri sport stavano tutti chiudendo, mentre a noi veniva chiesto di andare avanti”.