L’anno che seguì la cessione di Felipe Anderson, non era stato felice, una stagione salvata dalla Coppa Italia, ma non certo dalla posizione in classifica.
Le novità promesse in entrata erano arrivate a metà, soprattutto l’incognita Joaquin Correa.
El Tucu nel tempo si è rivelato all’altezza della situazione, diverso dal brasiliano in tante cose e simile nel funambolico gioco.
Sul versante cessioni, l’estate 2018 divenne calda per il nome di Felipe accostato alla Premier League e dopo rocamboleschi aggiornamenti, alla fine Pipe salutò la capitale per abbracciare Londra.
“Chi ha avuto ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato ha dato”…
Scordiamoci il passato, quello che è stato fatto è stato fatto, ma è innegabile che dopo la partenza di Felipetto la Lazio aveva cambiato radicalmente volto.
La domanda è rimasta sospesa nel tempo e vede la Lazio oscillare su un’altalena tra la perdita e guadagno.
Perdita di un calciatore dal margine di crescita e dal potenziale spaventoso e guadagno milionario per la società che chiuse con una plusvalenza stellare.
Continuo a pensare che i calciatori come Pipe sulla piazza scarseggiano e fino ad esaurimento scorte non sia propriamente un modo di dire.
INGHILTERRA E LE CHIACCHIERE DA TE’
Il 25enne fantasista brasiliano finì al West Ham, la Lazio vide entrare nelle proprie casse ben 40 mln + 5 di bonus.
Nel 2013 la società biancoceleste lo pago’ circa 8 mln impegnandosi a versare al Santos, suo precedente club, il 25% della plusvalenza sulla futura rivendita. Raggiunto l’accordo tra Felipe Anderson e la società inglese sulla base di un contratto quinquennale da 3 mln a stagione, il calciatore lasciò la capitale a cui sarebbe stato invece legato sino al 2020.
La voglia di andare via era maturata nell’ultimo anno tra le fila biancocelesti quando, dopo l’infortunio che lo aveva tenuto lontano dal campo, si era innalzato Luis Alberto.
Troppa panchina, vedersi scavalcato nelle gerarchie…. insomma, la situazione non faceva altro che giocare a sfavore di un ragazzo che non aveva poi troppa fiducia in sé ed era alla ricerca spasmodica di quella del mister.
Inoltre sognava la Premier, campionato che forse si addice di più alle sue qualità tecniche e funamboliche.
Nel 2015 il Manchester United fece arrivare un’offerta all’attenzione di Lotito e quella volta Il presidente rispose con un no secco suscitando poi rimpianti da entrambe le parti sino all’accordo col West Ham.
GUADAGNO O SCONFITTA?
Torniamo alla domanda che era a monte di questa mia chiacchierata: è stata una sconfitta o un affare la sua cessione?
La partenza di Felipe Anderson ha due chiavi di lettura ed ognuna di queste ha il suo perché. Preferire i soldi al talento che si ha tra le mani e che deve ancora esplodere in tutta la sua grandezza, è una sconfitta vera e propria.
La società non è forse stata in grado di costruire la squadra ideale intorno al brasiliano e se dapprima lo aveva premiato con la prestigiosa maglia numero 10, solita indicare il pezzo più prestigioso in squadra, nel tempo non ha saputo coccolarsi fino in fondo il suo gioiello.
D’altro canto il club capitolino è stato felice di veder entrare un “malloppone” nelle proprie casse , gruzzolo che ha permesso l’acquisto di Correa ed il ritocco di qualche ingaggio, ad esempio di Milinkovic in quell’anno.
Felipe era un gioiello nella mani di Claudio Lotito.
A posteriori, visto l’eccellente campionato di quest’anno, visto l’obiettivo di primaria grandezza della Lazio, qualcuno potrebbe dire che la cessione Anderson non ha gravato poi troppo sull’economia della squadra.
In molti però ricorderanno, prima dell’arrivo di Lazzari, la fascia destra assente ed inutile e se vi chiedevate il perché, vi vorrei ricordare che prima c’era stato Pipe e poi era rimasto Marusic.
Ordunque, si può rispondere alla domanda se la sua cessione sia stata davvero un affare o una sconfitta?
Io la penso solamente in modo: il talento non si dovrebbe vendere al miglior offerente.