Mi mancano perfino i romanisti e questo dovrebbe rendere l’idea di quanto, due mesi senza campionato, abbiano gravato sulla mia già flebile emotività.
E mentre in Germania è tornato il rumore di una fettona che colpisce un pallone, io mi sentivo di nuovo normale assistendo al gol numero 180 di Haaland.
Madò, ma quanto segna questo? Lotito non poteva fare una spesa “più meglio assai” al Salisburgo? Non potevamo avere un po’ di “Salisc**o”? Forse anche Haaland si sarebbe depresso come Berisha, chi lo sa, forse è colpa dello sbalzo di temperatura perché le estati afose romane le conosciamo noi, non Valon!
Intanto la Germania giocava e mi rendevo ancora più conto di quanto mi fosse davvero mancato tutto questo.
Gli occhi di tutta Europa sono puntati sulla Bundesliga, anche le invidie di tutta Europa e ci si chiede perché in Italia sia così impossibile ricominciare.
Torna la Lazio da lontano coi post sui social simbolo di quello status quo di “atleta eroe”.
Lotito si è fatto sentire nel silenzio generale ed è stato giudicato cinico, certo, fin quando non ci si è accorti che, con un eventuale stop definitivo, i libri contabili di molti club finirebbero in tribunale.
E allora tutti pentiti, tutti a spingere per ricominciare. Facile fare i perbenisti quando ancora non si ha la giusta ottica di quanto misuri davvero “definitivamente”.
Oggi i giocatori di tutta Italia sono di nuovo nei centri sportivi e ci si chiede, forse, perché non sia successo magari con una settimanella d’anticipo.
Il calcio italiano è in lotta per non soccombere nel limbo della fase 2 e con la consapevolezza che “rischio zero” non esisterà, almeno fino al vaccino.
Samp, Torino e Fiorentina lo sanno bene, lo sa bene anche Martin Caceres.
Asintomatici certo, eppure avrebbero potuto contagiare chiunque.
Dopotutto però, potremmo essere anche noi gli asintomatici, quelli che se ne vanno al supermercato, portano a spasso il cane, ordinano a domicilio ed espongono altri al rischio e questi altri, espongono altri a loro volta.
Per questo segno un punto a favore della ripartenza del campionato, il virus non se ne va in giro solo sui campi di calcio, ma anche tra “congiunti”. Certo, ci dovremmo abituare ad un calcio diverso, silenzioso, con immagini di spalti vuoti e nessun coro.
Certo, dobbiamo imparare da capo il concetto di “normale” mentre Sky e DAZN si spartiranno i diritti TV.
Queste sono le macerie che lascerà il coronavirus anche quando deciderà di lasciare tutti noi.
-Normale-, dice il mio parrucchiere quando mi ha dato appuntamento ricordandomi: – Se puoi portati le spazzole tue da casa-.
Detto in parole povere, il mondo del pallone deve riadattarsi come il mondo, più controlli in quanto sport di contatto e noi non difendiamo la porta di un frigorifero al reparto surgelati del supermercato, a meno che non si tratti di sconti su scarpe al 70%, noi non rischiamo cartellini rossi per quel contatto che stride col distanziamento sociale.
Il calcio è uno sport di contatto non è un segreto, ma la “ripartenza del Paese” non può essere a compartimenti stagni, dev’essere totale.
Pian piano si stanno rialzando saracinesche, presto toccherà ai cinema e via dicendo.
Prudenza e tamponi maniacali, ma sono gli unici passi necessari per avviare davvero la fase 2.
È il momento di reagire, altrimenti tutto si congelerà nel torpore che diventerà “normale” e non c’è nulla di normale in una Italia a metà.
Perché per quanto lo si voglia negare, alla stragrande maggioranza degli italiani il calcio piace.
Il calcio me manca così tanto, che me manca pure discutere con un romanista se quello era o no fuorigioco, tornando addirittura ai tempi del gol di Turone!
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