Quando si parla di lui, dire che faceva il calciatore ed era un
“centrocampista” è riduttivo. Era il perfetto binomio tra “genio e sregolatezza”, in lui
racchiudeva un mondo fatto di luci ma ancor più ombre e le due
metà si equivalevano sino a scatenare la tempesta perfetta.
Chiedete chi era Paul Gascoigne e vi risponderanno: il più forte di
tutti!
Pazzo, infantile, triste, euforico, in mille modi possiamo parlare di
Gazza. Ha vestito tante maglie, ma i tifosi biancocelesti gliene hanno cucita
addosso solo una, quella della Lazio. Personaggio appartenente ad un calcio
romantico e nostalgico che non esiste più. Eroe tragico dalla vita
travagliata, dai tanti fantasmi e demoni interiori.
Il sorriso e lo sguardo malinconico allo stesso momento: Gazza era pura
magia.
Gazza che ti stringeva il cuore perché era come te; emotivo, nei momenti difficili piangeva, in quelli
euforici festeggiava, “umano”, ecco, un semplice e
complicato essere umano.
Il campo è sempre stato il suo rifugio, l’unico luogo dove poteva mettere a
tacere i demoni. La sua carriera è stata come le montagne russe, meravigliosa e
grottesca, fatta di tiri perfetti e nottate che sarebbero state folli anche per
una rockstar.
Sono passati anni dal suo ritiro oramai, ma nessuno dimentica l’assoluto
genio in campo, quell’inarrivabile talento che non trova eguali.
“Genio e sregolatezza”, forse si parla troppo spesso del lato
negativo di questo binomio come fosse stato un mezzo matto che faceva
anche il calciatore. Ma Gazza è uno dei giocatori più entusiasmanti che
l’Inghilterra abbia mai donato al mondo.
Centrocampista capace di cambiare la partita in un secondo e di
inventare un gol dal nulla. Quanti ve ne vengono in mente oltre a
Gascoigne? Ogni quanto ne nasce uno?
Tante cose della sua vita portano a paragonarlo ad un eterno Petre Pan: i
continui scherzi che esasperavano i compagni di squadra, la poca disciplina ed
i viaggi a Disneyland.
Dopo le “notti magiche” del 1990, nel ’91 arrivò in casa Lazio e
si fece notare subito. In un derby la Roma era in vantaggio per 1-0, i
biancocelesti ottennero una punizione da metà campo. Signori chiese a Gazza di
andare a saltare in area e lui saltò più in alto di tutti pur non essendo un
gigante. Quel pallone finì in rete.
I tre anni che seguirono con la maglia dell’Aquila non furono felicissimi tra gravi infortuni, il rapporto con la stampa non era dei migliori e l’amore di
una fetta del pubblico italiano non scoccò mai del tutto. Una volta rispose ad
un giornalista con un rutto: puro stile Gazza!
Mi dispiace “millennial”, voi non lo vedrete mai e forse non potrete nemmeno
mai capire di cosa io stia parlando ma, credetemi, come lui nessuno mai.
Ero molto piccola, di rado ricordo date e nomi di quando mio padre mi
portava allo stadio, mi metteva una maglia laziale lunghissima e cercava di
insegnarmi cori di cui non capivo nemmeno il senso. Eppure lo ricordo:
“guarda papà quello mo’ fa la magia”.
Un’adulta che ancora oggi vede Paul con lo sguardo di una bambina e ne
rimane ancora rapita nonostante la vita abbia scritto un’altra storia per lui,
un altro racconto senza lieto fine. Perché poi il lieto fine forse non esiste,
o forse esiste per pochi, questo non lo so.
Chissà cosa ne sarebbe stato di lui se alcuni episodi della sua carriera
fossero andati diversamente, se fosse riuscito a contenere l’irruenza e
l’emotività, carriera che esplose sì, ma mai completamente. O forse sarebbe bastata un
po’ di fortuna in più.
Gazza ed i momenti bui, quando i demoni uscivano da sotto il letto e si
mettevano a banchettare con lui.
Ma voi chiedete chi era Paul Gascoigne e vi
risponderanno: ” IL PIÙ FORTE DI TUTTI!”