Discoteche fino a Ferragosto e stadi chiusi: Boh!
Lasciando da parte le mille domande su David Silva, ne rimane una: ma questo COVID esattamente come funziona?
Qualcuno me lo spieghi, continuo a riflettere senza mascherina perché, oh se non sono le 18:00 il COVID non colpisce.
Qualcuno mi spieghi tra le mille contraddizioni perpetue del suolo italiano. La terra dei cachi.
Viviamo nel tempo in cui un virus, uscito dal c**o di un pipistrello dall’altra parte del mondo, ha iniziato a camminare tra di noi e detta le leggi in questa acquisita normalità.
Centinaia di persone in meno di 200 mq: in discoteca il COVID non entrava, allo stadio evidentemente paga il biglietto.
Arginare la movida dopo ferragosto, equivale a voler fermare l’influenza intestinale con l’enterogermermina.
C’avete mai provato?
Lunge dalla mia persona sostituirmi ad un virologo, già in tanti lo fanno e tanto male,  ma dopo le regole sul distanziamento sociale avevo immaginato una roba un po’ diversa.
"State attenti sì, ma non ovunque",  questo traspare da stories sui social network, foto di gente ammassata nei locali.
Pazienti lasciati soli in un reparto di ospedale, però in discoteca ammassatevi  per prendere un cocktail.
Il tifoso non può tornare allo stadio, nemmeno in stile Cina con autocertificazione e misurazione della temperatura, il tifoso resta a casa.
Ma ammassatevi in discoteca per prendere un cocktail.
Gli stadi restano chiusi fino a quando non si sa, ma la movida?
Gruppi di gente senza mascherina o distanziamento.
Il virus esiste, nessun complotto, nessuna bugia mentre mi scorrono davanti agli occhi le bare di Bergamo, immagine simbolo di mesi in cui, forse, ho creduto davvero fosse arrivata la fine del mondo.
Non voglio essere giudice in questo particolare tribunale del tifoso, non voglio portare acqua al mulino di chi è malato di calcio, cerco solamente di capire perché le regole anti-covid erano rigorosamente applicate in alcune situazioni e non in altre.
Siamo arrivati a ferragosto, il campionato inizierà tra un mesetto e nessuno c’ha detto ancora se gli spalti saranno parzialmente aperti oppure tutto continuerà nel silenzio.
Non voglio puntare il dito verso nessuno, ma è impossibile non notare le contraddizioni di questo tempo incerto governato dal caos delle idee.
Sul web impazza la mia stessa domanda e leggo ovunque: "perché le discoteche sì e lo stadio no?".
E nessuno di quelli nei salotti buoni italiani pareva aver notato che in un locale è ben più difficoltoso mantenere la giusta distanza.
Intanto le folle sui social erano ovunque.
Ciccio Graziani, qualche giorno fa, ha commentato:
 "Stadi chiusi? Senza pubblico è un calcio senza emozioni. Mancando la gente sugli spalti manca l’essenziale e i calciatori ne patiscono. Anche per noi vedere queste partite anomale è triste"
Ma forse l’emozione c’è: la frustrazione di non aver ancora capito cos’è questo COVID.

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