In questa estate che ha visto partire Senad Lulic e Marco Parolo, sono costretta a ribadire quanto faccia bene alla nostra Lazio avere una "bandiera" tra le proprie fila.
Ho letto attraverso un fottio di commenti oltre i confini della CAFONAGINE IN TOURNÉE che chiedevano il siluramento di Stefan Radu e mi sono trovata a ritenere prezioso, come non mai, il suo rinnovo.
Ok, 34 anni, over 30 come me, per il calcio equivale alla pensione, ma noi nella vita reale siamo tutti giovini, sia chiaro.
Qualcuno aveva il benché minimo dubbio che dopo aver passato un mese, estate 2019, con lo scoglionamento a mille per la tarantella del suo allontanamento forzato da Formello, ad informarci di quanto fossero tesi gli animi e dopo aver richiesto mille confronti, Lotito non se lo sarebbe riaccollato a tempo zero?
Stefan "tien ‘e pall" ed una società che ha deciso di rinnovarlo, secondo me non lo fa solo per il paraculismo del non aver posto per un altro acquisto, ma lo fa perché non vuole totalmente perdere la propria identità. E questa asserzione la comprenderanno solo gli ultimi romantici mentre, gli altri, penseranno che io scenda dal pero.
Di prevedibile come le tasse, scontato come i saldi estivi, non c’è più niente, manco uno che esce e ti suona il clacson in faccia, video alla mano davanti al buon Simone Inzaghi.
E allora va fatto un discorso in preda al sentimentalismo perché Radu la Lazio se l’è scelta sopra ad ogni cosa, Nazionale o Inter che sia stata.
C’è poco da fare, giocatori come lui esistono perché hanno ‘ste benedette "quadrate".
Quindi smettiamola con i discorsi spropositati sul "ringiovanimento della rosa", sappiamo tutti che è una priorità e vuol dire, ahimè, abbassare l’età media con adii dolorosi.
A sinistra è arrivato Kamenovic, scommessa su cui ci spero ma senza certezze. Adesso allora vi illustro il tutto: meglio un affidabile Radu, o un giovane di belle speranze buttato in campo?
Prendo entrambi, il pacchetto completo, le due opposte fazioni e scelgo scientemente di non scegliere. Poiché la presenza di uno, non sminchia quella dell’altro.
Stefan sa benissimo di avere sulle spalle parecchie primavere, è consapevole del fatto che il mondo del calcio è ossessionato dalla giovinezza e nonostante tutto gli sta bene così, basta rimanere alla Lazio. Pure con la comparsata. (Anche se non credo Sarri lo terrà in panchina, fidatevi).
Ok, lo so, quando il sor Lotito rinnova i senatori alla base c’è la mancata voglia di far mercato.
Eppure non riesco a considerare il prolungamento del romeno una cosa sconsiderata.
Questa mia lunga considerazione potrà sembrare illogica, ma il calcio non deve essere solo un discorso di età e se così fosse, allora andrebbe prontamente rivisto.
Il calcio è fatto soprattutto di sentimenti che meritano rispetto e l’attaccamento alla maglia deve pur contare qualcosa.
Al di là del valore tecnico e della carta d’identità.
Di Stefan apprezzo tantissimo lo sforzo fatto per conoscere la nostra realtà gretta a volte e, a differenza di molti suoi colleghi, l’ha poi abbracciata completamente.
Non a caso la sua lazialità è sana e non disfunzionale.
E quando poi ha cominciato ad urlare "Senad, Senad" il 26 maggio, mi si è proprio stretto il cuore.
Il sentimento che lo lega alla Lazio è così forte da superare persino l’ostico scoglio del tempo che passa, giusto o sbagliato che sia.
Ed io non posso che fare tifo per lui.
"E’ il mio quattordicesimo ritiro ad Auronzo di Cadore. Ho sempre ringraziato i tifosi per il supporto, perché mi hanno fatto sempre sentire come uno di casa, come se fossi cresciuto nel vivaio della Lazio. Sono arrivato 14 anni fa come centrale di difesa a quattro e poi sono stato adattato come terzino. Il centrale l’ho sempre fatto e mi trovo bene. Per me è un ritorno alle origini.Il nuovo allenatore è molto preparato ed è veramente fantastico. A 34 anni con lui posso imparare ancora molto per la fase difensiva".
Radu from Auronzo.
Simplemente, Xoxo.