Domani il mondo continuerà a girare, le nostre vite andranno avanti, certo, ma per un momento si ha bisogno di restare senza fiato.
Come sospesi”.
Ed è per questo che….

Sgomento e dolore nel mondo biancoceleste e in tutto il mondo calcistico.
La Lazio dice addio ad un altro pezzo di cuore del primo Scudetto 1974.

A 68 anni ci ha lasciato Vincenzo D’Amico che negli ultimi due anni ha combattuto contro un tumore, rivelato sui social solo lo scorso 7 maggio:
Mi dicono che i malati oncologici tirano fuori forza inaspettate! Ci sto provando”.

Dopo aver rincorso la vita fino all’ultimo, si è spento al Policlinico Gemelli di Roma.
Le sue condizioni si erano aggravate rapidamente nel giro di pochi giorni.

Lunedì 3 luglio era stata predisposta per lui la camera ardente in Campidoglio, oggu invece i funerali a Ponte Milvio, nella chiesa Gran Madre di Dio.

Vorrei ricordare che per VINCENZO è prevista una doppia celebrazione: la camera ardente infatti verrà aperta anche a Latina al Museo Cambellotti, domani dalle 15 alle 19. Funerali previsti per mercoledì nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Goretti, alle 10.

C’era quando la Lazio vinse lo scudetto nel 1974, c’era però anche nei momenti bui della storia laziale : con la maglia biancoceleste ha giocato anche in Serie B, rinunciando a soldi e fama per aiutare la squadra a uscire dalle sabbie mobili.

Siamo colpiti da una maledizione” ha affermato sconsolato Renzo Garlaschelli.

CIAO CUORE LAZIALE

Massimo Maestrelli ha voluto ricordare un eroe della Lazio scudettata del ’74:
«Io e mio fratello avevamo 10 anni, lui 19. Vincenzo ci trattava come fratellini, scherzava. I primi calci quando entravamo sul campo erano con lui, che prendeva il pallone e ci portava in giro a giocare. Per noi era un sogno. Babbo era innamorato di Vincenzo. Credette tanto in lui, nelle sue potenzialità. Era un talento, un cavallo di razza, quelli che gli allenatori sanno riconoscere al volo. Aveva quell’imprevedibilità e quella spavalderia tipica dei giovani bravi che sanno di essere forti. La prima cazzata che fece fu quando con il primo stipendio si comprò una Mercedes Pagoda. Mio padre si arrabbiò tantissimo, perché lui uscì dal centro sportivo di Tor di Quinto e andò a sbattere contro un muro spaccando la macchina. Da quel momento gli sequestrò le chiavi dell’auto, poi andò in sede e, senza dir niente a Vincenzo, disse che il suo stipendio avrebbe dovuto prenderlo lui. Così, quando D’Amico andò a ritirarlo, Gabriella Grassi gli disse che non c’era e che doveva parlarne con il mister. Andò da mio padre per chiedere spiegazioni e si sentì rispondere questo: “Tu mi dici quello che ti serve per vivere e io ti do il denaro. Mi devi giustificare ogni spesa”. Ci rimase male e lo stesso suo padre. Non era corretta una cosa del genere. L’anno scorso però sono stato insieme a lui e mi ha detto: “Se il mister non si fosse comportato così avrei buttato tutti i soldi. Se ne ho ancora è perché me li ha gestiti”. Inizialmente lo urtò parecchio, non capiva il motivo e non la viveva bene. Ma a distanza di anni gli ha voluto un bene incredibile.
Ricordo che quando babbo venne a mancare, io e Maurizio fummo mandati alla stazione a prendere lui e la mamma, ma la situazione era drammatica e venimmo portati via. Poi tornammo e il primo abbraccio che ricevemmo dopo quello delle nostre sorelle fu quello di Vincenzo, che ci venne incontro. Chinaglia prese Maurizio e lo portò da una parte, io invece seguii D’Amico in una stanza. Mi guardò negli occhi e non disse nulla su babbo, ma solo che erano stati anni bellissimi. Mi abbracciò forte, una stretta che sento ancora adesso a distanza di quasi 50 anni.
Ho notato che mi fissava. Alla fine della celebrazione l’ho preso da parte e gli ho chiesto il motivo. Mi ha risposto: “Massimo ti devo parlare”. Ha raccontato tutto della malattia, ma in modo spavaldo. Nella mia famiglia ho visto tante persone stare male, ho perso tre fratelli. Conosco bene lo stato d’animo di una persona malata e non ne ho mai vista una così guascona nei confronti della morte. Di solito è una battaglia impari, ma Vincenzo l’ha guardata dritta negli occhi e l’ha sfidata, con il sorriso»

Il vice direttore del Tg Rai, Antonello Perillo, ha voluto omaggiare il compianto golden boy con un ricordo sui suoi profili social.
«Era una delle ultime bandiere di un calcio romantico che ormai non c’è più. Simbolo della Lazio, le sue giocate erano classe pura, fantasia e tecnica sopraffina. Lo piange anche la Rai, che per lunghi anni lo ha avuto come apprezzatissimo opinionista televisivo».

Dalle colonne del Corriere dello Sport, Giancarlo Oddi ha ricordato così Vincenzo D’Amico:
«Sono stato da lui in ospedale venerdì e non è mai riuscito ad aprire gli occhi. Se ne va un fratello minore, bravo, simpatico: come giocatore non si discute, ma come persona era unica, bella. È stato un grandissimo, un anno ha praticamente salvato la Lazio da solo. Si è meritato la fascia di capitano, dimostrando di essere un calciatore fortissimo e un grandissimo uomo».

[Gazzetta dello Sport] Renzo Garlaschelli:
«Lo descrivevano come un fenomeno. Quando lo vidi pensai fosse uno scherzo, era troppo gracilino per essere così forte. In realtà era un campione vero. Amava la Lazio con tutto il cuore. Ci ho parlato l’ultima volta due settimane fa e mi diceva, ridendo, che avrebbe sconfitto la malattia. Arrivava sempre tardi, a ogni appuntamento. Ma non lo faceva per arroganza o disinteresse. Aveva una carica di simpatia unica. Da Maestrelli in poi, ci sono state tantissime morti improvvise e ingiuste. Fa male

Sapevo che la situazione non era delle migliori, ma quando lo avevo sentito 20 giorni fa non pensavo che potesse esserci una fine così rapida. Ho passato tre anni in camera con lui, era una persona di una simpatia unica. Come giocatore non c’è bisogno di sottolineare la sua classe e il suo talento. Verrà ricordato come un vincente, una bandiera della Lazio. In troppi di quella squadra ci hanno lasciato, lui aveva solo 68 anni. Mi ha fatto piacere sentirlo venti giorni fa con la sua stessa serenità di sempre, nonostante la malattia. Sentirlo così mi aveva fatto sperare e invece ci ha lasciato molto velocemente».

La scomparsa di VINCENZO lascia sgomento l’intero mondo del calcio. Una notizia arrivata all’improvviso che ha annichilito anche i “rivali”.

La “Banda Maestrelli”, una banda di pazzi che voleva conquistare il mondo e lo fece per davvero.
Spesso la vittoria resta solo un pallativo lontano nel tempo, ma le leggende non muoiono mai.

Di padre in figlio….

CIAO DA QUAGGIÙ VINCENZO

(Yes We Lazio si unisce al cordoglio e al ricordo commosso di parenti, familiari, amici, tifosi)

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