Sono passati quattro anni da quel ’71esimo minuto, gli anniversari si festeggiano sempre e così mi sembra giusto ricordare anche questo. Adesso i romanisti la definiscono la “Coppa del nonno”, ma ricordo un agguerrito Francesco Totti alla vigilia: ” più importante per me di una finale di Champions League”.

“Coppa in faccia” e “Lulic 71”, queste parole ancora ci accompagneranno per molto tempo, anzi, per tutto il tempo perchè: è sempre 26 maggio finché morte non ci separi! Queste parole pronunciate al bar, tra i banchi di scuola, ovunque voi vogliate, evocheranno alla memoria tante immagini. I giocatori in lacrime, i nostri nel bene ed i loro nel male, il capitano che alzava la coppa al cielo, mentre l’altro capitano, quello giallorosso, al cielo ha alzato solo l’Iphone. Ricorderemo anche Lotito che salta sulla sedia e Tare che lo abbraccia, forse già vi era l’idea che conquistando la Coppa Italia e beffando la Roma, poteva esser tranquillo nel non fare mercato almeno per un anno, ma visto che parliamo di un anniversario felice, sorvoliamo anche su questa punta mia di acidità.

La colpa dei continui sfottò però, forse è un pò anche degli odiati cugini giallorossi che si aspettavano la stella d’argento e la videro in frantumi. Perchè il vizio di parlare prima è proprio una loro caratteristica, come la rincorsa ai proclama, alle dichiarazioni di guerra vinta, perchè loro sono la “magica” e tutti gli altri dovrebbero fare campionati a parte. Lo scudetto sono anni che lo meritano, ma gli rimane solo quello morale che si attribuiscono da soli per sorvolare su ciò che davvero li circonda: il niente! Dopotutto il lupo perde sì il pelo, ma mai il vizio!

Passiamo però a noi, senza curarci di loro. Era la Lazio anche del semi sconosciuto Petkovic, pescato in chissà quale cantone svizzero, che nella sessione di ritiro a Norcia era però riuscito a sollevare gli animi di una squadra crollata nelle ultime giornate di campionato. I giallorossi arrivavano al match meglio di noi e sulla carta, come il solito, eravamo anche sfavoriti. Ma la storia c’è chi la scrive e chi la fa.

Solo 7 punti nelle ultime 7 giornate, la creatura di Petko dopo l’inizio col botto, non poteva perdere questa e doveva assolutamente centrare l’ultimo posto disponibile sul treno Europa. Zoppicante, insicura e spaventata, si presentava la Lazio sul prato dell’Olimpico, già sconfitta su quella maledetta carta. Negli spogliatoi e sugli spalti, vi era solo un pensiero: entrare nella storia e poi il resto si sarebbe potuto rimandare a domani. Gli eroi di un popolo e quello che ha scorrazzato volando più di tutti vicino al sole, Senad Lulic.

Il treno per la gloria passa una sola volta, quella Coppa anche passò una sola volta. Non fu una gara bellissima come di solito ci si aspetta dalle finali così importanti, ma la Lazio dimostrò lo stesso di meritare quel trofeo.

Adesso ci accusano di parlare solo di passato, ma il passato non si dimentica ed allora non è nemmeno passato. E poi l’accusa ci viene rivolta da chi ancora ci rinfaccia la B, lo spareggio col Campobasso ed il calcioscommesse. Da quelli che, dopo trent’anni, ancora contestano il gol di Turone.

Quattro anni son passati.Di derby ce ne saranno milioni e loro ne potrai vincere milioni ancora, ma quello, quello no. Quindi non chiediamo loro neanche il rispetto, ma solo ogni volta di guardarci in petto e ricordare come fosse un mantra: 26 maggio!

A tutti i laziali, concedetemi il termine, auguro un buon “Coppiversario” ricordando che noi abbiamo portato il calcio a Roma, noi ne abbiamo scritto la storia e non ci sarà mai rivincita! Quant’è bello essere della Lazio!

Sono passati quattro anni da quel ’71esimo minuto, gli anniversari si festeggiano sempre e così mi sembra giusto ricordare anche questo. Adesso i romanisti la definiscono la “Coppa del nonno”, ma ricordo un agguerrito Francesco Totti alla vigilia: ” più importante per me di una finale di Champions League”.

“Coppa in faccia” e “Lulic 71”, queste parole ancora ci accompagneranno per molto tempo, anzi, per tutto il tempo perchè: è sempre 26 maggio finché morte non ci separi! Queste parole pronunciate al bar, tra i banchi di scuola, ovunque voi vogliate, evocheranno alla memoria tante immagini. I giocatori in lacrime, i nostri nel bene ed i loro nel male, il capitano che alzava la coppa al cielo, mentre l’altro capitano, quello giallorosso, al cielo ha alzato solo l’Iphone. Ricorderemo anche Lotito che salta sulla sedia e Tare che lo abbraccia, forse già vi era l’idea che conquistando la Coppa Italia e beffando la Roma, poteva esser tranquillo nel non fare mercato almeno per un anno, ma visto che parliamo di un anniversario felice, sorvoliamo anche su questa punta mia di acidità.

La colpa dei continui sfottò però, forse è un pò anche degli odiati cugini giallorossi che si aspettavano la stella d’argento e la videro in frantumi. Perchè il vizio di parlare prima è proprio una loro caratteristica, come la rincorsa ai proclama, alle dichiarazioni di guerra vinta, perchè loro sono la “magica” e tutti gli altri dovrebbero fare campionati a parte. Lo scudetto sono anni che lo meritano, ma gli rimane solo quello morale che si attribuiscono da soli per sorvolare su ciò che davvero li circonda: il niente! Dopotutto il lupo perde sì il pelo, ma mai il vizio!

Passiamo però a noi, senza curarci di loro. Era la Lazio anche del semi sconosciuto Petkovic, pescato in chissà quale cantone svizzero, che nella sessione di ritiro a Norcia era però riuscito a sollevare gli animi di una squadra crollata nelle ultime giornate di campionato. I giallorossi arrivavano al match meglio di noi e sulla carta, come il solito, eravamo anche sfavoriti. Ma la storia c’è chi la scrive e chi la fa.

Solo 7 punti nelle ultime 7 giornate, la creatura di Petko dopo l’inizio col botto, non poteva perdere questa e doveva assolutamente centrare l’ultimo posto disponibile sul treno Europa. Zoppicante, insicura e spaventata, si presentava la Lazio sul prato dell’Olimpico, già sconfitta su quella maledetta carta. Negli spogliatoi e sugli spalti, vi era solo un pensiero: entrare nella storia e poi il resto si sarebbe potuto rimandare a domani. Gli eroi di un popolo e quello che ha scorrazzato volando più di tutti vicino al sole, Senad Lulic.

Il treno per la gloria passa una sola volta, quella Coppa anche passò una sola volta. Non fu una gara bellissima come di solito ci si aspetta dalle finali così importanti, ma la Lazio dimostrò lo stesso di meritare quel trofeo.

Adesso ci accusano di parlare solo di passato, ma il passato non si dimentica ed allora non è nemmeno passato. E poi l’accusa ci viene rivolta da chi ancora ci rinfaccia la B, lo spareggio col Campobasso ed il calcioscommesse. Da quelli che, dopo trent’anni, ancora contestano il gol di Turone.

Quattro anni son passati.Di derby ce ne saranno milioni e loro ne potrai vincere milioni ancora, ma quello, quello no. Quindi non chiediamo loro neanche il rispetto, ma solo ogni volta di guardarci in petto e ricordare come fosse un mantra: 26 maggio!

A tutti i laziali, concedetemi il termine, auguro un buon “Coppiversario” ricordando che noi abbiamo portato il calcio a Roma, noi ne abbiamo scritto la storia e non ci sarà mai rivincita! Quant’è bello essere della Lazio!

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