Il mondo del calcio non dimenticherà facilmente una data: 4 marzo 2018. Un risveglio amaro, come altri ce ne sono stati prima di questo e la notizia rimbalza prepotente tra internet e TV. Davide Astori se n’è andato.

Un ultimo viaggio coi compagni di squadra che in modo assurdo non ha trovato l’epilogo con un risultato sul tabellone, ma in una stanza di albergo.

C’è poco da dire, tanto su cui riflettere, quasi a voler trovare il razionale nell’assurdo.

Il 4 marzo Astori non era un giocatore, ma solo Davide: un uomo che improvvisamente è andato via per la decisione di un arbitro che sta più in alto di noi.

Perché poi è tutto così, un giorno arriva un cartellino rosso e devi uscire dal campo.

Fuori non fa freddo, ma il cielo è più grigio del solito.
Questa Domenica in casa niente urla, fantacalcio, Var, bestemmie varie…la TV… accesa, spenta, nel continuo voler sentire, sapere..

Guarda Asto’ , guarda che hai fatto: tutta Firenze ti piange, ma non solo Firenze, tutta Italia si è stretta in un lutto che non ha colori.

Hai lasciato orfana tua figlia, con il cuore spezzato la tua famiglia, ma hai lasciato orfani anche i tuoi compagni, la tua società, la Nazionale, il calcio italiano.

A tratti non so perché mi tocchi personalmente questa vicenda, in fondo non lo conoscevo, tifo anche un’altra squadra.

Poi ci ripenso: 31 anni. Trentuno anni.
Un giocatore professionista, nello sport da tutta la vita, che segue diete ferree, che fa controlli medici, va via così.

A questo punto capisco che Astori ha giocato contro il peggior duo d’attacco della storia: Sorte e Vita.
E non ce l’ha fatta uno che di mestiere fa il difensore…

Allora trovo un senso a questa tragedia, o almeno ci provo: giocare sempre in attacco e qualora dovesse sembrarci che si stia mettendo male, fare a sportellate, gomitate, spendere falli e cartellini  pur di non prendere gol.

Sono sicura che Astori ha lottato quella notte fino alla fine perdendo 0-1, prendendo   gol al 90′ esimo minuto.

Ci ha lasciato però un tackle da cineteca del calcio: insegnarci quanto sia breve tutto quanto.Quanto siamo roba fragile in attesa che l’arbitro lassù decida di estrarre il cartellino rosso. 

Il cielo adesso è un po’ viola: Ciao Asto’!

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