Felipe Anderson andava pazzo per la carbonara, Roma era il suo secondo Brasile, eppure oggi, Pipe ci lascia.Ma che ce vai a fa in Inghilterra Felipe’? Piove sempre, è troppo umido per i capelli ricci!

Dopo l’addio del regista argentino, qualcuno scherzando mi chiamava “la vedova Biglia”… Inutile dire che adesso il boccone è ancora più amaro e sto scrivendo ciò che mai avrei voluto scrivere. Mi riporta alle antiche separazioni traumatiche, da Beppe Signori ad Alessandro Nesta.

Ci sono giocatori di cui ti innamori subito, non sai perché, ma succede appena toccano il pallone. Ecco, questo è successo a me con l’oramai ex numero 10 biancoceleste. Ci sarà chi adesso starà esultando alla notizia della sua partenza, ma anche quello lì, non può non aver strabuzzato gli occhi davanti ad ogni accelerazione, assist, “giocarello brasiliano”.

Io ho incontrato Felipe Anderson, ero emozionata come una bambina, non riuscivo quasi a comporre una frase sensata e se mi conosceste, sapreste che farmi stare zitta è un’impresa epica. Eppure ero lì al freddo, fuori lo stadio e Pipe davanti a me. Presi coraggio e dissi:
«Non gli da’ retta, sei il più forte de tutti, il più grande». 
Ero anche riuscita a toccargli i capelli, quella massa informe riccia che emanava un forte profumo di shampoo appena fatto. Non se ne accorse e meno male, dal gesto da tifosa a quello da “maniaca”, il passo è breve!

Oggi però capisco quanto per me sia stato importante riuscire a spiccicare quelle parole davanti al mio idolo.

Felipe Anderson non sarà solo una grande perdita di cui ci renderemo conto poi, ma il più grande rimpianto di casa Lazio.

Tocco magique, numero 10 sulle spalle , pesa quel numero e non è soltanto “gloria”,  un valore aggiunto, era il nostro valore aggiunto. Quando giocava così, anche se con quei capelli,  splendeva in campo e tutti lì a dire: «ecco il brasiliano», oppure quando restava in panchina e le cose si mettevano male, ognuno di noi, e non negate, pensava: «Tanto adesso il mister fa entrare Anderson!» come fosse un mantra.

No, sinceramente; ma lo avete visto?

È il sogno di ogni bambino che gioca per strada, è la maglietta che vedevo alle bancarelle fuori lo stadio, ero sempre dalla parte di Pipe, anche quando faceva i capricci.

Instabilità disarmante, capace di far venire il mal di testa anche a noi sugli spalti, “che fa, dove va, guarda là”…Perché porsi dei limiti quando sei Felipe Anderson?

Non faccio una colpa a chi lo ha contestato, perché con Pipe non si sapeva mai che pesci pigliare. Poi arriva il West Ham e mette sul tavolo una robetta come 40 mln. La cessione era nell’aria, Felipe aveva drizzato le orecchie e mentalmente chiuso un ciclo.

I tifosi si riversano sul web in massa e cominciano a “spingerlo” verso Londra, non capendo che il brasiliano era semplicemente più emotivo di me nella settimana mensile che vive ogni donna. Ma da quando l’emotività è una colpa?

Di Felipe non potevi non innamorartene, non potevi non accompagnarlo  in ogni accelerazione e vederlo mentre sveste la maglia biancoceleste è un dolore immenso. È cresciuto con noi, adesso prende il volo e chissà se Lotito soffrirà la sindrome del nido vuoto. No, non lo farà, perché il signor denaro “move il mondo e le altre stelle”.

40 mln sono tanti? In questo mercato divenuto folle dopo la regal cessione di Neymar, 40 sembra quasi troppo poco.

Vederlo svestire la maglia della Lazio, ad ora, è una fitta al cuore. Grazie di tutto Pipe, per i sogni, per le giocate, per il bel calcio, per essere cresciuto con noi.

Arriverà il giorno in cui tutti si renderanno conto che un colpevole per questo c’è, io rimango in poltrona ed aspetto. Arriverà il giorno in cui mancherai….

Non chiamatelo mercenario!

 

 

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