E lontano lontano nel tempo, con la panchina che è di un altro, con la difesa che balla ci verrà da pensare al tuo “catenaccio”, per cui ti si prendeva un po’ in giro….

Battuta con altisonante rivisitazione della canzone di Luigi Tenco, provate a cantarla, oggi voglio parlare di un grande personaggio legato alla Lazio: “zio” Edy Reja.

Un tecnico che è stato un pò il “pomo della discordia”, chi la vuole cotta e chi la vuole cruda, ma nel mondo dell’obiettività, seppe portare a casa sempre un campionato dignitoso.

In fondo si vuole bene facilmente allo zio capitolino che pochi giorni fa ha compiuto i suoi primi 73 anni.
Era “zio”, ieri, oggi è forse il “nonno capitolino”, o lo è almeno a seconda della prospettiva dalla quale si guarda e dalle soggettive primavere alle spalle di ognuno di noi.

Ma cosa ci ha lasciato Edy? Il Verbo: catenaccio in tutti i modi, in tutti i luoghi ed in tutti i laghi.

Non è dopotutto la difesa il miglior attacco? Si dice così, giusto?

La sua avventura con i biancocelesti iniziò nel 2010 dopo l’esonero di Ballardini, a proposito, caro Preziosi hai blaterato su di lui quello che blateravo anche io da tempo immemore. Ma stavolta non sarà Reja a subentrare, si dice che sia andato in pensione. Sarà vero?

Torniamo alla nefasta panchina del 2010 ed il cambio alla seduta.
La Lazio era in discesa libera verso la retrocessione, indimenticabili Santi piovuti giù dal cielo,  arrivò “zio” a salvare capre e cavoli.
Da qui il detto “Edy ti leva le castagne dal fuoco”, mantra che fu adottato poi da vari club.

Dopo il salvataggio in extremis, Reja poté godere della fiducia da parte di Lotito e con incredulità generale, nel suo primo/secondo anno, primo effettivo partito come allenatore ufficiale e secondo perché oramai vecchia conoscenza,  arrivati alla nona giornata di campionato, la Lazio era prima in classifica.

“Tu chiamale se vuoi emozioni”.

22 punti in 9 turni: e fu record.

Il campionato si chiuse al quinto posto, come i due anni di Inzaghi e proprio zio Edy riuscì a dare belle speranze ad una tifoseria ed una squadra allo sbando.
Dimenticati oramai i grotteschi tentativi di Ballardini che, come Attila, passò e non crebbe più l’erba.

PERCHÉ LO ZIO HA GLI ATTRIBUTI!

La terza annata, seconda partito da tecnico ufficiale e non come salvatore dell’umanità, ebbe come prologo l’inizio della fine: una nefasta sconfitta contro il Genoa infatti, riaccese la contestazione. Anche questo vi ricorda qualcosa?
Eh sì, perché gira che ti rigira la storia è sempre la stessa.

Edy però non si tenne “era cecio”  e fece la voce grossa al presidente rassegnando le sue dimissioni.
Di Reja potete dire tutto, ma non è mai stato uno “Yes man”.
L’avventura sulla panca biancoceleste però, non finì così, “the President” infatti rifiutò la volontà del mister e decise di tenerselo….
Qualcosa nella storia d’amore tra Edoardone e la Lazio però, si era oramai spezzata e la rabbia la teneva a denti stretti.
“Via dall’incubo”, Reja provò ancora ad andarsene intonando “arrivederci Roma”, volarono piatti tra lui e Lotito, ma la lettera di dimissioni venne rifiutata una seconda volta.
Nonostante tutto, la stagione si chiuse con il quarto posto, ma lo “zio” decise lo stesso di non rinnovare l’amore coi biancocelesti.

“Mai abbassare la testa, solo per guardarsi le scarpe”.
Questo è forse il vero insegnamento che lo zio Edy ci ha lasciato.
Quanti allenatori abbiamo tacciato di essere “zerbini”?
Possiamo non amare chi a Lotito alzò il mento e non abbassò il capo?

La storia però non finisce qui, perché Claudione si affida di nuovo a lui per il post-Petko.
Poi non chiedetevi il perché del proverbio “Reja ti toglie le castagne dal fuoco”.
Stavolta però, quegli stessi tifosi che lo avevano rispettato per il piglio scorbutico nei confronti di Lotito nostrano, sono lì a puntare il dito.
Reo di aver ceduto alle richieste del patron capitolino, mentre in passato era stata apprezzata la sua stoica fermezza, i supporters non gradirono poi tanto Reja “revenant”.
Volevate chi vi toglieva le castagne dal fuoco? Chi meglio di lui!
Chiamato a salvare il salvabile e nulla più, fu ancora lui il cavaliere con l’armatura scintillante che allontanò la Lazio dal baratro.
In questa occasione però, i patti furono chiari: sei mesi e non di più.

Vi pare triste un nono posto?
Beh, lo zio si trovò in una situazione nera, una squadra nuovamente allo sbando, una contestazione…. Insomma, non fu poi così brutto il nono posto.

Il catenaccio universale, così pratico e senza  fronzoli, ci salvò non solo una volta.
Fu  la “Lazio Reja’s  Brand” a regalarci un quinto ed un quarto posto. Provate a fare meglio!

“Aggiungi un catenaccio in

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