Eh Lazio mia e che se deve fa’?
Mi metto a parlare un po’ con te che, dall’alto dei tuoi 119 anni, qualcosa in più la sai. 119 anni, la prima squadra della capitale, tanta roba eh?! Più vecchia la tua storia, più vecchia di un anno, una storia che porta con sé la gloria, ma anche avvenimenti che la deturparono questa gloria.
Siamo laziali e camminiamo a testa alta, siamo laziali ed i “fattacci” non li rinneghiamo, li portiamo dentro come fossero medaglie perché, se cadi col culo per terra, poi ti rialzi.
È vero sai, Lazio che ci guardi dall’alto dei tuoi 119 anni, non abbiamo scelto la vita facile!
Il calcioscommesse, il calcio che andò in prigione, il capitano in galera, ma tu eri sempre lì a scrollarti il marcio di dosso.
La tua storia parla di amore e non di una fusione, “perché la Lazio è e non proviene da…”, così scrisse in una frase immortale Giorgio Vaccaro.
Sei stata tacciata di razzismo e con te tutti i tuoi tifosi che, il 9 gennaio, erano in piazza ad urlare un amore messo alla prova sì, ma mai scalfito.
E così abbiamo insegnato che le etichette possono essere abbattute.
Ci hai insegnato a godere dei grandi trionfi e subito dopo patire le grandi batoste, ma ho imparato la lezione prendendo te come esempio per costruire una vita: la mia.
Lo scudetto negato, lo scudetto del 1974, poi il 2000 e poi il 26 maggio. Tutto ciò fu seguito da momenti bui, perché la felicità è solamente un palliativo.
Perché la vita insegna che la felicità non è destinata a rimanere troppo a lungo per noi semplici mortali.
Ma il laziale ha sempre saputo.
Nei momenti di amara contestazione, anche quando sembriamo gli uni contro gli altri, ci riuniamo insieme a renderti omaggio, a te ed a colui che ti diede la vita un 9 gennaio di 119 anni fa, col sole o con la pioggia, questo non si sa.
Mi piace immaginare una insolita sera stellata di inverno, col cielo forse un po’ meno buio del solito.
Tu sei nata in Piazza della Libertà.
La vita scorre e tu sei lì a scandirla, campionato dopo campionato, calciatore dopo calciatore, perché alla fine non contano i presidenti, non contano gli allenatori, ciò che resta, alla fine, sono solo i colori.
Stagione dopo stagione ci accorgiamo che il tempo passa, siamo diventati equilibristi del tempo perché
“fermate monno
sotto ar cuppolone
rifatte l’occhi,
stamo a gioca’ a pallone”
Sei parte della vita, rimani sempre anche quando tutto se ne va, anche quando c’è una lacrima da asciugare, la Lazio resta mentre il resto corre.
Ci sono momenti in cui spengo la TV arrabbiata pensando, per un secondo solamente, che la vita è già troppo difficile e non vale la pena complicarsela ulteriormente.
Poi però, la volta dopo torno lì davanti la TV o sul seggiolino di uno stadio.
Un pensiero che ci porta avanti anche adesso che sei più vecchia di un anno e tanto ancora invecchierai.
Perché la tua, la nostra, è la favola di un’ideologia e di una passione, non solo quella di una mera fusione.
Noi con la lazialità che, giuro, è la cosa migliore che ci sta!
Noi padroni di questa città e fu la storia a darci questo onore, quello del 9 gennaio più di cent’anni fa.
Che ai posteri se dica :
“A NESSUN S’ INCHINO’. A NESSUN S’ ARRESE”
L’Aquila è Roma con tutti i suoi eredi!