Il calcio non c’entra niente con molte cose, ma il calcio c’entra con la vita.

“C’eri giorni ho il morale alle stelle,
Certi altri odio anche quelle”.

Così faceva il ritornello di una canzone che ricordo chiaramente, però non ricordo mai davvero.
Il calcio non esiste senza la vita.

Viene misurato in stagioni, in minuti, in emozioni, proprio come la vita.
E ci sono quei momenti in cui ti senti in fondo al pozzo e quelli in cui sei padrone del mondo.
Non è  statistica, numeri, posizioni in classifica,diciamoci la verità, conta anche questa roba, ma non definisce quella cosa che tanto amiamo chiamata “pallone”.

Perché c’è anche chi esulando la statistica ha costruito una grande carriera, così come c’è chi nei numeri proprio non c’entra eppure era il più grande di tutti.

La Lazio ha riscoperto sé stessa, lontana dall’Europa League che tanto ci ferisce,  ha ottimizzato le sue risorse per restare su piazza, ha preso i singoli e li ha alternati per quanto possibile, ha dato un’occasione a Patric sfruttando anche colui che il mister ha sempre considerato un po’ l’ultimo tra gli uomini.
Perché se questa corsa alla zona Champions si deve fare, allora che la facciano tutti, a costo di rinunciare all’Europa League che forse non è al momento un obiettivo fattibile.

Quattro colpi per continuare a risalire la china e restare aggrappati alla strada che porta ai quartieri alti.
Si sa, in un campionato così equilibrato tutto può succedere.
La Lazio manda un messaggio a chi ambisce agli stessi obiettivi, perché il poker rifilato ai granata profuma molto d’Europa.

Il giusto epilogo di un dominio totalitario sul prato verde dell’Olimpico e racconta la storia di un gruppo che è caduto, ha annaspato, ha fatto gaffe ed ora è nuovamente convinto.

Non sappiamo cosa abbia spinto al cambio di rotta, forse una carbonara ben fatta, improvvisamente però la squadra è tornata ad essere certa dei propri mezzi e soprattutto del progetto.

I biancocelesti giocano bene, creano occasioni e si creano pure la fortuna, stavolta bel gioco premia e non come in Scozia.

Immobile segna, ma è solo il terminale di una squadra che vuole sempre fare la sua gara cercando di interpretarne le geometrie.
Geometrie che ad inizio campionato erano sembrate solo disegni sbiaditi.

Forse prima di parlare, bisognerebbe ricordare che il campionato è fatto di mille milioni di gare, di emozioni, di minuti, di domeniche infinite.
Forse dovremmo non lasciarci prendere subito dallo sconforto.
Forse non dovremmo farci raggiungere facilmente dalla smania.
Ma noi siamo tifosi e si sa, siamo un pubblico difficile.

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