Poi piango, poi rido
Poi non mi decido
Cosa succederà?
Col cuore che batte più forte
La notte ha da passà
Al diavolo non si vende Io sono ancora qua
Eh già
Eh già
Io sono ancora qua
Eh già
Eh già (Vasco Rossi)
Juventus/Inter: protagonista/antagonista.
Tra le due, ecco il vero outsider, il classico bastone tra le ruote, la Lazio di Simone Inzaghi.
Chi lo avrebbe mai detto che tra quelle che fanno un campionato a parte, ci saremmo stati anche noi.
I biancocelesti salutano dall’alto della vetta, ancora una volta il pareggio contro il Verona, ha fatto gioco forza, le defezioni importanti anche. Gioco forza sì, perché è il carattere a fare la partita, la mentalità.
Si batte sui tamburi, si canta a voce alta, sguaiatamente, Sarri lo sente, Conte anche.
Quella squadra “povera ma bella”, povera sul mercato e bella in campo, sta arrivando.
“Gli arbitri li aiutano”, lasciateli parlare quelli che per anni hanno goduto della spintarella e rigoretti inventati .
La classe arbitrale è continuamente in discussione, il/la VAR come meglio preferite, non ha fatto altro che inasprire polemiche e pensare che era nata per alleggerire il lavoro del giudice di gara.
Ma la rabbia del Parma sentitosi derubato, fa come le foglie e la porta via il vento.
Arbitraggio giusto o sbagliato, la Lazio l’ha meritata.
Si è arrangiata nonostante la copertina corta, troppo corta, ha saputo tamponare le assenze pesantissime, è andata a brutto muso davanti ad un Parma “maschio”, cazzuto.
Ci si può stancare di questo?
Della paura e poi la gioia, del “Oh, cazzo non ce credo”?
Io credo di no, io credo sia l’esempio perfetto di quel noi laziali siamo nati per soffrire.
È una mentalità nostra, non acquisita da terzi e quando il detto diventa realtà tangibile, allora noi ne siamo assuefatti, ritroviamo l’essenza stessa del tifoso biancoceleste.
Noi siamo i giganti di questa Serie A.
Non nasciamo come tali, ci siamo diventati, ci siamo innalzati sopra tutti, abbiamo trascinato infortuni, delusioni, squalifiche, abbiamo rinunciato all’Europa, alla Coppa Italia.
Stiamo regalando un sogno, una lezione di vita e cioè che non vince solo il più ricco, ma chi ha più fame.
Siamo noi, quel bambino più bravo nel campetto dell’oratorio.
La Lazio è un insieme di robe diverse che coesistono in un ecosistema fuori dal mondo.
È Jony che sta imparando un altro ruolo, è Lazzari che corre come un disperato, è l’umiltà di Caicedo che ha rialzato la testa nonostante i fischi, è Senad Lulic che molla solo quando sta male per davvero. E ancora è l’internazionale Leiva, Acerbi il mestierante, Radu e Parolo che fanno legna, è Milinkovic il semidio e lo dico senza blasfemia, è Immobile che prova sempre anche nello sbaglio. La Lazio è lo riscoperto ultimo uomo Patric, è la forza di Cataldi cresciuto nel vivaio biancoceleste, è Alberto, è Adekanye promessa futura, è Luiz Felipe con tutta la garra.
E questo forse non basta per pagare il biglietto?
UNA LEICESTER ITALIANA
L’ho scritto decine di volte, ora anche i più scettici mi danno ragione: la Lazio è la Leicester italiana.
Questa Lazio sta copiando il miracolo Ranieri, va avanti di misura, con le goleade, nelle gare difficili, in quelle facili .
Guardatevi le spalle, noi siamo lì e non ci nascondiamo più, non teniamo un profilo basso: ci crediamo e siamo già lì!