“Anda’ allo stadio sarà un’impresa, parcheggeremo a 3 km… Ma se ‘sto sforzo non lo famo contro l’Inter!”.
Così via alla corsa ai tagliandi, anche in piccionaia in curva Sud tra i tifosi, educatissimi ed amichevoli, nerazzurri.
Perché in fondo una sfida-scudetto è ‘na guerra sì, ma anche una festa.

Sventolano le bandiere, sfrecciano le macchine con le sciarpette fuori dal finestrino, 60 mila tifosi si impadroniscono dell’Olimpico.

Quello che sarà, sarà poi, dopo 90 minuti.
Un sogno, mai promesso da nessuno, un “tricolore” di cui no, non si può proferir parola.

La Lazio punta al secondo posto in solitaria, ma oh, davanti c’è Conte che con lo scudetto c’era abbonato, c’è Romelu Lukaku un gigante che pesa più del suo blasone e soprattutto, c’è l’ex degli ex.
Stefan De Vrij, quello che c’ha tradito e poi c’è anche Cande…che..  quello oramai è passato remoto.

I ragazzi di Inzaghi hanno sofferto in un match aperto ad ogni possibile scenario, dalla vittoria di una delle due, al pareggio amaro ma  che ci poteva stare.
Young ci ammutolisce, per tutto l’intervallo.

“Eh vabbè, è l’Inter dopotutto”

Il pensiero andava a quel secondo posto già mentalmente sfumato, a De Vrij che ci aveva beffati ancora.
Ma pareggiare grazie alla cazzatella proprio dell’olandese, è ‘na gioia, vincere in rimonta è ‘na goduria!
Un solo punto dalla Juve poi, quello è apoteosi.

Un trionfo figlio del  bel gioco sì, ma soprattutto del carattere che, dopo la gara contro l’Atalanta, segnò la svolta ed è rimasto il segno distintivo di questa Lazio.

E’ stata una lotta serrata, i minuti erano diventati 180, il triplice fischio non arrivava mai.
L’ingresso di Lazzari ha segnato il cambio di rotta, Jony aveva sofferto parecchio la spinta corsa di Candreva.
Conte aveva spostato il gioco su tutti i suoi pesi massimi, sistemati sul centro-destra.
Lulic mancava tantissimo, seppur Jony ha un buon piede, non aveva l’appeal  per sostenere tutta la fascia. Radu intanto restava  aggrappato alle spalle di Lukaku, come uno spettro nei film horror.
Tutto il primo tempo si è giocato così.

La Lazio ha avuto la pazienza per reagire, il rigore , grazie Stefan De Vrij grazie, trovato ad inizio ripresa, ha permesso di rialzare gli animi, di accendere Milinkovic-Alberto.
Quel rigore ha ha  liberato i biancocelesti dal peso della sconfitta.

Gli ultimi venti minuti più recupero sono stati da cuore in gola. Conte ha tolto Candreva e Borozovic e ha inserito Moses ed Eriksen (3-4-1-2), poi anche Sanchez passando alla difesa a quattro.
Ce s’era messo anche Correa a sprecare l’occasione del match point definitivo e l’occasione del terzo gol.
Finale al cardiopalma con l’incubo del pareggio all’ultimo minuto nerazzurro .
E sarebbe stata assai più violenta allora la botta.

Invece no,  Inzaghi alza l’asticella a 19 giornate senza sconfitta, ad ammutolirsi è Conte.
I tifosi biancocelesti esplodono in una folle idea collettiva, quella che sussurra nel cervello che forse forse, il sogno proibito non è poi così proibito.

Adesso è tempo di rendersi conto che la sfida scudetto è un campionato a parte, un campionato a 3 tra Juve-Lazio-Inter.
Ma è anche il momento di abbandonare numeri, statistiche, brokers, quote Tricolore.
È il momento di sognare e di cullarlo il sogno, soprattutto se una domenica dai di’ schiaffi (morali) all’ex!

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