Stefano Fiore, ex giocatore della Lazio dal 2001 al 2004, conosce bene il centrocampo e non dubita sul fatto che quello biancoceleste è il più forte d’Italia.
Fiore, la forza della Lazio sta nel mezzo?
«Il centrocampo è un reparto fondamentale per ogni squadra. Agli occhi di tutti spiccano i gol di immobile, che è ben assistito da Caicedo o Correa, ma è nel mezzo che si fa la differenza».
E’ davvero il miglior centrocampo della Serie A?
«Ci può esser qualche singolo nella Juventus e nell’Inter che può superare nel confronto un singolo della Lazio, ma quei tre (Luis Alberto, Milinkovic e Leiva, ndr) non li cambierei con nessuno. E’ il centrocampo più forte d’Italia. Non vedo altri reparti che abbiano la stessa qualità e forza fisica».
Luis Alberto
«E’ il giocatore chiave, perché più di altri cuce il gioco. Agisce in posizione più arretrata rispetto al suo arrivo in Italia. Dà equilibrio e ritmo. Insomma, detta i tempi. Alza e abbassa il volume».
Milinkovic
«Sta tornando ai suoi livelli. Lo scorso anno è stato di luci e ombre, ma è stato bravo a seguire le indicazioni di Simone Inzaghi. Il suo lavoro è meno evidente, però dà grande sostanza ed equilibrio. Poi, quando è decisivo…».
Anche Leiva è fondamentale.
«Chi consente a Milinkovic e Luis Alberto di esprimersi è lui. Non avrà i piedi di Pirlo, ma copre le falle, ci mette l’esperienza ed è un punto di riferimento».
Dalla mediana alle corsie esterne: una macchina perfetta.
«Anche gli esterni come Lulic, Lazzari, Jony e Marusic in alcune partite sono stati determinanti. Giocando con i tre difensori, gli esterni devono dare appoggio in entrambe le fasi. Marusic è prezioso per la duttilità».
Poi chi entra dalla panchina è decisivo.
«Il segnale che arriva da Cataldi è importante: decisivo, non avendo mai giocato titolare in campionato. C’è bisogno di tutti e Danilo ha la “sfortuna” di avere davanti a sé giocatori straordinari. Deve continuare così, Inzaghi lo sta preferendo anche a Parolo».
Ci credi allo scudetto?
«Sarà una corsa a tre fino alla fine. Quando si è liberi di testa, si possono fare grandi cose».
***Fonte: Il Messaggero