Caro Senad,
sicuramente la voce ti sarà arrivata; We Love You.

Caro Senad, ti scrivo questa lettera proprio il 26 di maggio.

Avevo sperato che l’ultima tua volta in biancoceleste non fosse quella partita al Mapei così inutile al mondo per te che, invece, hai scritto parte della nostra storia.
Oh, una parte grandissima nel segno dell’aquila.

Un addio stronzamente silenzioso per chi sognava il grande congedo…. un’altra Champions, un grande derby…

Sei sempre stato un guerriero e te meritavi una battaglia.
Ma di quelle tostissime, di quelle che al triplice fischio ti tremano le ginocchia.
È stato brutto salutare così.
Sapevo che sarebbe arrivato il momento di dirsi “buona vita“, ma….

Ti avevo detto “Ciao”.
E le parole andavano e venivano, però forse una me ne resta ancora oggi: GRAZIE.
E quasi mi usciva una lacrima e sembrava scemo in uno specifico tempo, sembrava scemo lo so, mentre avevo davvero creduto che il mondo potesse finire tra pandemia, tamponi, restrizioni….

Ma che potevo farci?
Io di bene te ne ho voluto tanto.

Amavo follemente quel calciatore che correva scoordinato, che sbracciava, che se dannava l’anima.
E proprio quel numero 19, il 26 maggio sarebbe diventato l’uomo del destino.
Quello che più di tutti ha volato vicino al sole.

So’ passati 10 anni dal 26 maggio.

La giostra se ferma però, prima o poi il giro finisce e finisce un’era.
Caro Senad,
ti scrivo questa lettera.
E te la scrivo come se ti parlassi: cor core in mano e in romanesco perchè, davanti a te, tutta Roma s’inchinò .

So’ passati 10 anni dal 26 maggio.

E, caro Senad, come se fossi ‘n amico de scuola che conosco da ‘na vita, ti sto scrivendo tutto d’un fiato.
Un po’ come sono passati 10 anni dal 26 maggio.

Hai giocato infinitamente con la nostra maglia.
Non hai mai dimenticato che la LAZIALITA’ si vive senza limiti e discrimini, con gli estremisti e le fragilità.

Hai insegnato che il piede bono non basta se non c’hai la stronzaggine, il mestiere, la gioia e i sentimenti.

Per me sei stato questo: GIOIA E SENTIMENTO.

So’ passati 10 anni dal 26 maggio.

Il tempo ha dato tempo a quelli come te, poi però finisce e me ne rendo conto mentre sto qui a scriverti cazzate che, forse, qualcuno capirà.

Io non c’avevo voglia di salutare proprio te, ma i momenti nella vita arrivano quando gli pare e se ne fregano di te che non sei pronta.

10 anni, 4 trofei e quel gol eterno.

Purtroppo però, caro Senad, c’è una partita nella quale manco te puoi segnare al 71: l’anni che passano.

Nessun si dica, in nessun villaggio, i fatti che contano successero il 26 de maggio:
E tutta Roma te s’è inchinata.

Ti vorrei dire milioni di cose e, invece, ti dico solo “ciao“.

Ti ringrazio per le battaglie.
Ma ti ringrazio soprattutto per l’umanità e l’umiltà, doti rare in questo calcio di campioncini narcisi che, se non li caghi per 5 minuti, si fanno venire le convulsioni isteriche.

Perchè quelli come te non hanno bisogno dei riflettori, quelli come te una cosa la sanno; l’applauso arriva alla fine del copione.
Il resto è un intermezzo di nullezza cosmica.
Perché, quelli come te, lo sanno bene: l’affetto dei tifosi non se compra, ma si misura co’ la nostalgia.

Non ascoltare chi t’ha criticato, non ascoltarli perchè loro non sanno.
Perchè oggi stanno malinconia a bomba come me.

Non ascoltarli…. Perché…
QUANDO PASSA LULIC, I VERI LAZIALI BATTONO LE MANI.

Con infinito rispetto,
Cristina.

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